19/06/2015 – Appalti, sì del Senato al nuovo Codice. Il testo passa alla Camera. Taglio delle stazioni appaltanti, con l’introduzione di soglie al di sopra delle quali bisognerà fare ricorso a centri di spesa di livello regionale o provinciale. E limitazione delle gare nell’ambito delle concessioni affidate in project financing o con procedure ad evidenza pubblica. Sono le due novità più importanti inserite all’ultimo minuto nel disegno di legge delega di riforma degli appalti, appena approvato dal Senato in prima lettura. Per il resto, il testo riprende nella sostanza quello uscito dalla commissione, con l’introduzione di 50 criteri di delega che portano, tra le altre cose, un grande ampliamento dei poteri dell’Autorità anticorruzione.
La strada per una efficace riforma del sistema degli appalti pubblici può essere delineata in modo ragionevole se si affronta il tema non nella sua globalità ma caso per caso, partendo soprattutto dalla distinzione delle varie tipologie di appalto. Il primo pilastro portante dovrà essere la riscrittura completa del codice che, con i suoi seicento articoli contorti e spesso contraddittori, sembra fatto apposta per consentire scappatoie e trucchi vari. Il secondo pilastro su cui lavorare alacremente dovrà essere una efficace normativa che riduca gli enti abilitati ad essere stazione appaltante. Oltre a questi due elementi serviranno anche ulteriori modificazioni. Le stazioni appaltanti dovranno essere dotate di personale specializzato e adeguatamente formato.
Occorrerà creare una nuova autorità unificata per gli appalti affidata all’ANAC (o ad ulteriore organo ad hoc) che dovrà garantire efficienza e massimo rispetto delle regole. Sarà utile, inoltre, inserire nel nuovo codice alcuni principi che consentano di affidare agli appalti il duplice scopo sia dell’ottimizzazione degli acquisti che dello sviluppo della politica economica del Governo o delle Regioni. In altri termini, dovrà evitarsi che il rispetto dei principi della libera concorrenza impedisca di supportare scelte quali una riserva di appalti per piccole e medie imprese: penso ad alcuni piccoli vincoli di territorialità, politiche di vantaggio verso reti di imprese, imprenditoria giovanile o femminile, evitando, ovviamente, assistenzialismo ed eccesso di discrezionalità.
Il tutto naturalmente potrà funzionare nella misura in cui vi sarà un adeguato livello di trasparenza e, soprattutto, si prevederanno meccanismi di controllo e di verifica effettivi. Sarà il caso, inoltre, di capire come trattare gli appalti di servizi, risolvendo o almeno chiarendo i limiti del dilemma posto innanzitutto dalle politiche di esternalizzazione. L’ultima dimensione è la più rilevante ed è quella della legalità e della trasparenza, ossia dei meccanismi necessari per ridurre al minimo i rischi di corruzione. Oltre a norme stringenti e controlli effettivi, un ruolo rilevante può essere svolto dalla professionalità di chi è chiamato a redigere e gestire i bandi di gara. Si tratta infatti di un lavoro specialistico, nel quale diverse professionalità, giuridiche e tecniche, dovranno collaborare. In questo caso, noi siamo favorevoli alla decentralizzazione delle strategie di lotta alla corruzione che semplificherebbe tanto il controllo quanto il raggiungimento di una massa critica di professionalità adeguata ad affrontare la complessità delle operazioni anche a livello locale. Oggi, il sistema degli appalti pubblici funziona poco e male, genera corruzione e malaffare assieme a scelte poco trasparenti, allora è sicuramente giunto il momento di cambiare il sistema semplificando e controllando cum grano salis. Fatta una buona legge, il vero problema comunque resta sempre la sua reale applicazione.
VINCENZO MUSACCHIO
Docente di Diritto Penale presso la Scuola di Formazione (CONF.S.A) in Roma
Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sulla Corruzione in Roma
Direttore Scientifico della Scuola della Legalità “Don Peppe Diana”
Editorialista de “L’Ora” di Palermo e della Gazzetta del Mezzogiorno
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