Ustica, caso riaperto «Fu ucciso perchè sapeva la verità»
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19/12/2016 GROSSETO – C’era un capitano dell’aeronautica che fu radiato dalle forze armate con un decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, la cui firma a distanza di decenni è stata dichiarata falsa dal tribunale di Firenze. C’è ora la richiesta di reintegro per questo ex capitano, Mario Ciancarella e c’è anche un altro capitolo della strage di Ustica che potrebbe essere riscritto: quello che riguarda la morte di Mario Alberto Dettori, che la notte in cui nel cielo sopra Grosseto stava succedendo qualcosa di incomprensibile e inimmaginabile, era al radar di Poggio Ballone.
Il maresciallo Dettori, la notte di Ustica, decise di fidarsi di Ciancarella e di confidargli: «Capitano siamo stati noi…», «Capitano dopo questa puttanata del mig libico». Mario Alberto Dettori verrà trovato impiccato nel 1987 poco lontano dalla città e quella morte sarà sbrigativamente archiviata come un suicidio.
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Venerdì 16 dicembre in Procura a Grosseto, però, sono arrivate delle carte che puntano a rimettere in discussione tante delle cose che su questa vicenda non sono state scritte, a partire proprio dalla morte del maresciallo, avvenuta sette anni dopo la strage. È l’associazione antimafia Rita Atria, insieme all’avvocato Goffredo D’Antona, del foro di Catania a depositare un esposto alla Procura a nome della figlia del maresciallo, Barbara. Lei aveva soltanto 16 anni quando al telegiornale passarono le immagini di una delle stragi che ha segnato il destino dell’Italia e delle sue relazioni internazionali. Era a casa, quando suo padre arrivò, al mattino, e disse alla moglie Carla e alla cognata Sandra che quella notte a Grosseto «si era sfiorata la terza guerra mondiale».
Dopo qualche giorno, il maresciallo chiama il capitano Ciancarella. «Ma di quello che babbo aveva visto durante il suo turno al radar a Poggio Ballone – dice Barbara – non ha più parlato a casa, negli anni successivi. Era un militare che amava il suo lavoro e che credeva nelle regole». E quello che aveva visto era e sarebbe dovuto rimanere un segreto.
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Passano sette anni dalla notte di Ustica. Il maresciallo Dettori continua la sua vita insieme alla sua famiglia: a sua moglie Carla, alla figlia Barbara che nel 1980 aveva 16 anni, ad Andrea che ne aveva 15 e al piccolo Marco che ne aveva soltanto 8. Continua a coltivare la sua passione per lo sport, a lavorare con attenzione. Fino all’ultimo giorno di marzo del 1987, quando il maresciallo Dettori fu trovato impiccato da due amici di famiglia in una piazzola vicina all’argine dell’Ombrone a Istia, sulla strada delle Sante Mariae. «Non lo avrebbe mai fatto – dice oggi la figlia Barbara – e noi lo abbiamo detto in tutti i modi possibili. Amava la vita, amava la sua famiglia. Eravamo la luce dei suoi occhi, non si sarebbe mai ucciso da solo». Sono le parole «da solo» che Barbara ripete e sottolinea più volte.
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Il maresciallo Dettori, però, sapeva troppo di quella notte e di quello che era successo prima che il Dc 9 Itavia si squarciasse in volo e finisse poi negli abissi del mare di Ustica. Sapeva e aveva parlato proprio con Ciancarella. Come sapeva tante cose anche l’ex sindaco di Grosseto, Giovanni Battista Finetti, morto anche lui in circostanze poco chiare dopo il trasferimento dall’ospedale di Grosseto a quello di Pisa.
Barbara Dettori però è una guerriera, è una donna che ha combattuto
con le vestaglie azzurre nella lunga vertenza della Mabro. E ha cercato la verità, da quel lontano giorno del 1987 quando suo padre fu trovato morto impiccato. Testimonianze, documenti: tutto quello che oggi verrà depositato in Procura, a Grosseto, per chiedere la riapertura del caso. FONTE
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