Lo stato italiano non ha versato per anni i contributi pensionistici ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni e quindi li ha fatti confluire nell’Inps, ponendoli a carico di coloro che la sventura pose a lavorare nel comparto produttivo.
Forse che i pensionati italiani non saranno solidali con i poveri dipendenti delle pubbliche amministrazioni?
Il presidente dell’Inps ha confermato che l’ente ha quasi terminato le sue disponibilità: in breve sarà illiquido.
«Mastrapasqua, a sostegno del suo allarme, ha citato la Relazione della Corte dei Conti sul bilancio preventivo 2012, da cui emerge chiaramente che la fusione con Inpdap ed Enpals operata all’inizio del 2012 si è rivelata una pillola avvelenata per i conti dell’Inps: “il patrimonio netto … è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi”.»
Già. E perché siamo vicini al fallimento anche dell’Inps?
«Questo, a causa della fusione Inpdap-Inps, ovvero l’ente previdenziale dei dipendenti pubblici con la previdenza privata. Una fusione voluta dalla manovra Salva-Italia del 2011 che non ha cancellato il buco di 23 miliardi di euro, equivalente al debito che lo Stato ha nei confronti dei contributi previdenziali per i suoi dipendenti. Buco che ora grava nelle casse del SuperInps, con il rischio di non riuscir più a pagare le pensioni per i prossimi anni se non verranno fati interventi a carattere urgente per risanare i conti.»
Sì. Avete letto bene: ciò accade a causa del «debito che lo Stato ha nei confronti dei contributi previdenziali per i suoi dipendenti», e tutto questo si somma, tanto per gradire al «deficit di 91 miliardi che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti dei propri fornitori». Poi, ovviamente, ci sono tutti gli altri debiti, ma state tranquilli. Sono solo un po’ più di duemila miliari di euro.
«Se le amministrazioni dello Stato rallenteranno ancora i pagamenti l’Inps avrà “ulteriori problemi di liquidità”, che non potrà non ripercuotersi sul regolare pagamento corrente delle pensioni.»
«Le entrate contributive si incrementeranno dello 0,9% (a 213,762 miliardi) nel 2013, le uscite per prestazioni istituzionali saliranno del 2,3% a 303,077 miliardi (di cui la spesa per prestazioni pensionistiche sarà di 265,877 miliardi, +1,7%).»
Quindi, entrano 213.762 miliardi e ne dovrebbero uscire 303.077. Mancano all’appello 89.315 miliardi.
Donde prenderli? Elementare. Riducendo i 265.877 miliardi delle spese pensionistiche di 89.315 miliardi, portandole a 176.562 miliardi. Una riduzione del 34%, come preannunciammo in passato.
Per cui, pensionatucci miei, mettevi l’animo in pace. Tra breve Vi taglieranno, e di brutto, le Vostre pensioni per elargire benessere ed abbondanza ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni confluiti a Vostro carico. Che si godranno il beneficio senza aver versato un centesimo bucato: tanto il conto lo pagherete Voi, se riuscirete a sopravvivere, ovviamente.
«Pubblico é Bello»!
Lascio i Signori Lettori alla lettura di questi due bei pezzi, che sintetizzano in modo molto chiaro quanto stia succedendo.
p.s. Ma dove é mai finito quel mare di denaro?
Economy 2050. 2013-05-09. Il vertice dell’inps e’ preoccupato: s’e’ accorto che la nave affonda (da tempo).
Il presidente dell’Inps ha confermato che l’ente, in assenza di provvedimenti, ha autonomia patrimoniale al massimo sino al 2015. La reazione politica e sui media è stata minima, ma le tante ombre che si stanno addensando sulla previdenza pubblica consigliano di intervenire in tempi molto rapidi. E con efficacia.
Nel pieno della confusione politica post-elettorale italiana, un accorato grido (sottovoce) d’allarme è filtrato dal vertice dell’Inps. Il presidente dell’istituto di previdenza degli italiani, Antonio Mastrapasqua, il 22 marzo scorso ha indirizzato ai ministri dell’Economia e del Lavoro allora in carica una lettera per comunicare sostanzialmente che l’Inps è sull’orlo del collasso.
Mastrapasqua, a sostegno del suo allarme, ha citato la Relazione della Corte dei Conti sul bilancio preventivo 2012, da cui emerge chiaramente che la fusione con Inpdap ed Enpals operata all’inizio del 2012 si è rivelata una pillola avvelenata per i conti dell’Inps: “il patrimonio netto … è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi”. Quindi, ha confermato Mastrapasqua, il nuovo super-Inps nato lo scorso anno, se permarranno le condizioni attuali, ha autonomia contabile sino al 2015. E ancora: se le amministrazioni dello Stato rallenteranno ancora i pagamenti l’Inps avrà “ulteriori problemi di liquidità”, che non potrà non ripercuotersi sul regolare pagamento corrente delle pensioni.
La chiosa di Mastrapasqua è una doccia gelata: “minori trasferimenti, riduzione dell’avanzo patrimoniale strutturale, contrazione delle entrate contributive della gestione pubblica (ex Inpdap)” stanno mettendo a rischio “la più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”.
I CONTI DELL’INPS
Ricordiamo, come riportato nel post “L’Inps perderà 10 miliardi nel 2013: bruciati 26 miliardi (su 41) di patrimonio in due anni”, che secondo il bilancio di previsione 2013 il disavanzo economico dell’ente salirà quest’anno a –9,714 miliardi di euro (incremento di -739 milioni rispetto al 2012), il patrimonio netto al 31 dicembre 2013 è previsto in discesa a 15,416 miliardi, il disavanzo finanziario di competenza (quello che tiene conto anche dell’utilizzo dei fondi) è atteso a -10,721 miliardi (in peggioramento di -2,762 miliardi sul 2012). Le entrate contributive si incrementeranno dello 0,9% (a 213,762 miliardi) nel 2013, le uscite per prestazioni istituzionali saliranno del 2,3% a 303,077 miliardi (di cui la spesa per prestazioni pensionistiche sarà di 265,877 miliardi, +1,7%). Balza all’occhio che la struttura contabile e finanziaria dell’istituto non è in equilibrio, visto che le entrate previdenziali (+0,9%, 211 miliardi) denotano una dinamica insufficiente a coprire le uscite per prestazioni pensionistiche (+1,7%, 265 miliardi).
Questi numeri, peraltro, sono stati definiti utilizzando come base di calcolo il Def scritto dal governo nel settembre 2012, documento in cui ancora si prevedeva una discesa del Pil nel 2013 di solo il -0,2%. Visto che le previsioni odierne sono ben peggiori (-1,3% il calo del Pil atteso, a patto il previsto pagamento dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche arretrati sortisca gli effetti gli stimolo sperati), è automatico che anche i numeri del bilancio Inps dovranno essere rivisti in peggio nel corso dell’anno.
LE MOLTE DEBOLEZZE DI SUPER-INPS
L’iniziativa del presidente dell’Inps non è molto comprensibile: sia Mastrapasqua che il Ministro del Lavoro Elsa Fornero per mesi hanno sostenuto all’unisono che la tenuta dei conti Inps non destava alcuna preoccupazione attuale o prospettica e che la liquidità (ovvero la capacità di rispettate puntualmente gli impegni nei confronti dei pensionati) non era, né mai sarebbe stata, un problema (lo Stato avrebbe comunque saputo fare fronte ai pagamenti, se necessario).
Noi di Economy2050 ci siamo occupati dello sconquasso dei conti Inps in diversi post, riportando ciò che risulta evidente nei bilanci dell’ente previdenziale: il super-Inps ha enormi problemi patrimoniali e di squilibrio strutturale, cui si sommano gravissime carenze organizzative e, probabilmente, in un futuro non troppo lontano, gravi ombre inerenti la liquidità. Tale situazione è stata ribadita anche in seno all’organo di controllo interno dell’ente (la Civ), ormai da mesi. Nel post “L’Inps perderà 10 miliardi nel 2013: bruciati 26 miliardi (su 41) di patrimonio in due anni” abbiamo ricostruito lo scempio contabile e sostanziale degli ultimi anni della gestione previdenziale dei lavoratori privati italiani. Il bilancio dell’Inps evidenziava, da tempo e ben prima dell’accorata segnalazione formale di Mastrapasqua, una situazione molto preoccupante da qualunque punto di vista la si inquadrasse (patrimoniale, economico, finanziario, di sostenibilità prospettica). Le cause sono molteplici.
Sicuramente l’assorbimento dell’Inpdap ha messo in risalto che il settore pubblico non paga tutti i contributi dovuti sui propri dipendenti. Dentro l’Inpdap, infatti, era occultato qualche punto percentuale di debito pubblico grazie ad una legislazione che consente alle amministrazioni di non versate tutti i contributi per i propri dipendenti: a causa dei meccanismi contabili descritti nel post “Nell’Inpdap debito pubblico occulto per 30 miliardi”, i mancati versamenti delle amministrazioni pubbliche stanno corrodendo rapidamente la solidità dell’Inps. Le conseguenze di questa situazione riguardano sia il rischio di compromettere la stabilità complessiva del sistema previdenziale italiano, sia l’eventualità che i dipendenti privati vengano chiamati a ripianare i mancati versamenti da parte degli enti pubblici: questa ipotesi configurerebbe una sorta di esproprio pubblico degli accantonamenti pensionistici privati per “rimediare” ai mancati esborsi pubblici pregressi e attuali.
Ma, ben prima della fusione con l’Inpdap, l’Inps aveva anche carenze strutturali proprie, che si trascinavano da anni e che prima del 2012 erano rese invisibili da una struttura elefantiaca in grado di occultare enormi inefficienze gestionali. Mastrapasqua ha citato le analisi della Corte dei Conti, ma farebbe bene ad approfondire meglio il pensiero integrale della magistratura contabile in merito alla gestione dell’Inps: nel post “Per la Corte dei Conti l’Inps è da riformare (o da rifondare?)” sono dettagliate le carenze organizzative e gestionali , gli squilibri contabili, le preoccupazioni sulla tenuta prospettica denunciate, dati alla mano, dalla Corte. All’epoca (siamo nel novembre 2012) Mastrapasqua dichiarava candido: “il Governo, il ministro Fornero e il ministro Grilli hanno detto che non c’è nessun tipo di rischio sui conti dell’Istituto. Il cosiddetto disavanzo è solo un fatto contabile e finanziario … un’analisi condivisibile e le osservazioni riguardano il Governo più che l’istituto. E’ questo che auspico per le politiche di Governo“, glissando sui temi denunciati dalla relazione della magistratura contabile di sua diretta responsabilità (concentrazione eccessiva di potere nelle sue mani, gestione organizzativa definita inadeguata, mancato contrasto all’evasione contributiva, preoccupante andamento delle gestioni previdenziali specifiche, rischio di tenuta sostanziale dell’ente riguardo alle prestazioni future, …).
IL FUTURO DELLE PENSIONI ITALIANE NON SEMBRA APPASSIONARE…
Di fatto la lettera di Mastrapasqua squarcia il velo di omertà istituzionale sulla tenuta della gestione previdenziale pubblica italiana. Probabilmente il presidente dell’Inps è preoccupato per la sua conferma alla guida dell’ente ed ha inteso demarcare la sua distanza dalla politica di rassicurazione ad ogni costo sullo stato di salute dell’istituto scelta dal governo Monti. Rimane il fatto che, come noi di Economy2050 scriviamo da mesi, che le pensioni italiane appaiono a rischio (almeno stando ai dati di bilancio e gestionali dell’Inps), che i dipendenti privati italiani corrono il rischio di essere espropriati di parte dei versamenti previdenziali effettuati durante la propria vita lavorativa, che l’Inps potrebbe a breve denotare criticità anche nei flussi di cassa e quindi avere difficoltà materiale nel corrispondere le prestazioni. Tutto questo sempre che non si verifichi un deciso intervento dello Stato che ripari ai mancati versamenti delle pubbliche amministrazioni.
Il merito di Mastrapasqua è stato di porre la questione nel dibattito pubblico, la sua colpa di aver condotto l’Inps al rapido deterioramento contabile/patrimoniale senza assumere una posizione di allarme chiara circa le pericolosissime prospettive e di non aver saputo ovviare alle vistose carenze gestionali.
Purtroppo registriamo, non senza un certo sconforto, che le parole del presidente dell’Inps hanno avuto una scarsissima eco nel circuito mediatico e politico, quasi che il destino dell’Inps sia questione di secondaria importanza rispetto ad altre pseudo-emergenze nazionali (tipo Imu). Eppure, quando i lavoratori prenderanno coscienza che ai versamenti certi loro imposti non corrisponde certezza di una (pur scarsa) pensione futura e/o quando i pensionati si convinceranno che il pagamento della loro rendita è a rischio, potrebbero aprirsi conflitti tra cittadini ed istituzioni mai visti prima nell’Italia repubblicana. L’impressione è che, per l’ennesima volta, la politica stia giocando con il fuoco, contando sull’indifferenza generale e sperando che prima o poi tutto si aggiusti (senza valutare che in questo caso il tempo sembra giocare a sfavore).
GLI INTERVENTI NECESSARI E URGENTI
Sarebbe, a nostro giudizio, un grave errore di valutazione politica attribuire lo sfascio della previdenza italiana al governo Monti, che pure ha il demerito di aver impostato la fusione Inps-Inpdap.
I mali vengono dagli anni passati, visto che l’inefficienza gestionale Inps è frutto di decenni di mala gestio e che il buco Inpdap è stato causato da leggi pregresse che hanno attribuito alle amministrazioni pubbliche la facoltà di operare alla stregua di evasori contributivi (legalizzati): senza riconoscere le cause, le soluzioni sarebbero probabilmente inefficaci. Va anche sottolineato che il dibattito politico sulla previdenza è oggi chiaramente impostato su argomenti fuorvianti: per quanto, ad esempio, il tema degli esodati sia reale e di ampio impatto sociale, giudichiamo sicuramente prevalente il tema della solidità e solvibilità dell’ente cui è attribuito il compito di provvedere a tutte le pensioni dei lavoratori dipendenti italiani, pubblici e privati. Vediamo quali misure minime potrebbero essere adottate dall’esecutivo entrante, fermo restando che i tempi sembrano essere molto stretti per evitare il probabile collasso.
Riteniamo essenziale che lo squilibrio strutturale dell’ex-Inpdap (che verrà sicuramente aggravato in futuro dal dimagrimento degli organici pubblici per effetto dei minori versamenti contributivi) debba essere colmato al più presto a carico del settore pubblico: occorre abrogare al più presto la legge che consente alle amministrazioni di non versare integralmente i contributi per i propri dipendenti e definire un piano pluriennale di pagamento da parte degli enti pubblici dei contributi arretrati non versati, dopo aver verificato se sono fondati i sospetti secondo cui alcune amministrazioni addirittura non avrebbero neanche versato tutti i contributi (ridotti) fissati dalla legge.
Altrettanto essenziale anche una rifondazione dell’Inps per quanto concerne organizzazione e governance: la base di partenza dovrebbero essere le osservazioni contenute nell’ultima relazione annuale della Corte dei Conti (relativa all’esercizio 2011), che dipinge l’ente come un carrozzone pubblico (quasi) allo sbando. Il fine ultimo dovrebbe essere di rendere l’Inps un qualcosa di simile ad un’azienda con forti controlli e responsabilità interne.
Non secondario, inoltre, è il problema degli squilibri strutturali fra versamenti e prestazioni previdenziali: fermo restando che non vi sono margini per aumentare le età pensionistiche o ridurre le già misere prestazioni previdenziali riconosciute agli (attuali) lavoratori italiani, secondo noi di Economy2050 esistono discreti margini per eliminare le notevoli distorsioni che ancora affliggono le prestazioni previdenziali attualmente erogate.
Si impone, inoltre, una complessiva esigenza di definire la funzione strategica dell’Inps: ente previdenziale o anche assistenziale? Questo è un tema molto complesso, di cui si discute da decenni ma sul quale mai si è riusciti ad intervenire.
Yahoo Finance. 2013-05-10. Quel buco nero nelle casse dello Stato.
Nelle casse dello Stato inizia a scarseggiare liquidità. L’allarme era stato lanciato mesi fa da Antonio Mastropasqua, presidente dell’Inps, chiedendo agli allora ministri Grilli e Fornero misure e provvedimenti urgenti in materia di pensioni, perchè “il patrimonio netto” rimasto “è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi”, cioè fino al 2015.
In parole semplici, pensioni assicurate fino e non oltre il 2015. Questo, a causa della fusione Inpdap-Inps, ovvero l’ente previdenziale dei dipendenti pubblici con la previdenza privata. Una fusione voluta dalla manovra Salva-Italia del 2011 che non ha cancellato il buco di 23 miliardi di euro, equivalente al debito che lo Stato ha nei confronti dei contributi previdenziali per i suoi dipendenti. Buco che ora grava nelle casse del SuperInps, con il rischio di non riuscir più a pagare le pensioni per i prossimi anni se non verranno fati interventi a carattere urgente per risanare i conti. A tutto ciò si aggiunge anche la perdita patrimoniale dell’Inps dello scorso anno di 10 miliardi, che ha fatto scendere le riserve dell’Inps da 41 miliardi nel 2011 a 15 miliardi nel 2012, quasi il 64% in meno in due anni.
Una situazione allarmante, che deriva da una serie di fattori. Innanzitutto, la crisi economica del Paese e il calo dell’occupazione, e quindi della contribuzione. Ma anche, secondo l’Unione sindacale di base, per l’inadempimento di molte amministrazioni pubbliche che negli ultimi anni non hanno pagato i contributi previdenziali per il loro dipendenti. Questo ha provocato l’attuale buco di bilancio che ora grava sull’Inps. Una “bomba a orologeria”, come la definisce l’Usb – che se esplodesse potrebbe far crollare l’intero sistema previdenziale italiano.
Ci sono poi altri debiti che lo Stato ha nei confronti dei suoi cittadini: si tratta, ad esempio, del deficit di 91 miliardi che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti dei propri fornitori, che il Governo ha intenzione di sanare con due immissioni di liquidità di 20 miliardi ciascuna, una nel 2013 l’altra nel 2014. Un’ottima mossa per il rilancio dell’economia ma, come fanno notare su Il Fatto Quotidiano on line, “non sono ancora chiare le priorità con le quali verranno pagati i diversi fornitori. In mancanza di regole precise, c’è il rischio che gli enti pubblici attuino scelte discrezionali o dirottino i fondi verso altri scopi ritenuti più urgenti“.
A rincarare la dose sul problema delle pensioni, c’è poi la questione degli esodati, ovvero di quei lavoratori che in seguito alla riforma Fornero sono rimasti sospesi nel limbo, non avendo più nè il lavoro nè la pensione. Proprio l’altro giorno sono state accolte 62 mila domande per l’accesso alla salvaguardia di questa categoria da parte dell’Inps. Inizialmente il numero degli esodati era di 65 mila, ma i paletti troppo stretti previsti dalla Fornero hanno tolto il diritto alla pensione a 3 mila persone. Al danno la beffa: l’Inps ha infatti certificato che al momento tra i salvaguardati hanno ricevuto la pensione al 7 maggio 2013 (e quindi a quasi un anno dal decreto) solo 7.254, l’11% del totale.
Fonte: http://www.rischiocalcolato.it