SCOPERTO MALLOPPO MPS IN SVIZZERA

SCOPERTO MALLOPPO MPS IN SVIZZERA, ECCO PERCHE’ PER CERTE FORZE POLITICHE L’ACCORDO ANTIEVASORI CON GLI ELVETICI NON SI DEVE FARE! Non ci sono solo i 48 milioni sequestrati alla presunta «banda del 5 per cento» nell’inchiesta sulle truffe ai danni di Mps. 
Il tesoro potrebbe essere molto più ampio, nascosto in diversi conti in Svizzera. È nella Federazione che punta ora la Procura senese che indaga per associazione per delinquere finalizzata alla truffa in uno dei vari filoni aperti sul Montepaschi, mentre ancora si attendono le verifiche sui tabulati di David Rossi, il capo della comunicazione suicidatosi mercoledì. Nel mirino c’è ancora Gianluca Baldassarri, l’ex capo dell’area finanza arrestato il 14 febbraio e da venerdì in carcere a Firenze dopo che il gip di Siena Ugo Bellini ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare già emessa a febbraio da Milano.
Una nota del 4 marzo delle autorità svizzere citata nell’ordinanza di Bellini rivela come Baldassarri risulti «segnalato in via amministrativa e indagato per riciclaggio, essendovi indizi che questi abbia depositato o fatto transitare denaro provento di reato su relazioni bancarie svizzere». I soldi sarebbero già stati congelati dalla magistratura elvetica, con cui i pm senesi Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso collaborano da tempo.

Baldassarri è considerato il capo della presunta «banda» che avrebbe ottenuto tangenti private dalle operazioni finanziarie come Alexandria e Santorini. Al manager sono stati finora sequestrati circa 20 milioni, rientrati in Italia con lo scudo fiscale e sulla cui provenienza si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ulteriori 28 milioni circa sono stati sequestrati al vice di Baldassarri, Alessandro Toccafondi (13,8 milioni), ai broker della società Enigma Fabrizio Cerasani, David Ionni e Luca Borrone (14 milioni) e ad Antonio Pantalena (908 mila euro), trader di Mps, ultimo entrato nell’inchiesta. Con il filone svizzero, la lista potrebbe allungarsi.

Sotto la lente, oltre a Enigma e a Lutifin ci sarebbero altri broker, che avrebbero girato alla «banda» parte delle commissioni incassate. Verifiche sono in corso anche sugli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni. Negli interrogatori hanno negato di avere preso denaro. In ogni caso per i pm il loro vantaggio sarebbe consistito nel fatto che Baldassarri realizzasse – senza curarsi del come – le operazioni che servivano a tenere in piedi il bilancio e dunque il loro sistema di potere.

Il gip ha confermato anche il pericolo di fuga di Baldassarri, che avrebbe potuto godere di un «alloggio segreto» messogli a disposizione da un professore della Bocconi al suo ritorno a Milano lo scorso 11 febbraio. Il manager avrebbe anche chiesto a uno studio legale una consulenza sulla sequestrabilità dei beni all’estero. Scrive il gip: «Risulta evidente che Baldassarri, stante la riservatezza e segretezza della propria dimora», non volesse mettersi a disposizione della magistratura. Baldassarri è poi definito «ispiratore» dei comportamenti di Mussari e Vigni, indagati per associazione per delinquere e ostacolo alla vigilanza: avrebbero occultato il contratto di mandate agreement con la banca Nomura sulla ristrutturazione di Alexandria, servita per occultare 273 milioni di perdite.

Quello sui derivati è un altro filone in espansione. Oltre ad Alexandria e Santorini (con Deutsche Bank, impatto sui conti: 305 milioni), entrambe operazioni di «spalmatura» di perdite in derivati con complesse operazioni di «pronti contro termine» su 5 miliardi di Btp trentennali e swap sui tassi, sotto la lente ci sono operazioni più piccole ma comunque importanti: si tratta di «Nota Italia» (il cui derivato sul default dell’Italia è stato chiuso a gennaio da Mps pagando 139 milioni), «Casaforte» – 1,5 miliardi di bond venduti al pubblico e collegati agli affitti pagati da Mps sulle sue stesse filiali -, «Chianti classico», «Patagonia» e «Anthracite».