Corruzione e peculato: arrestato un ex deputato (FI), indagati ex assessore ed ex vice presidente ARS
17/01/2023 – L’assessore regionale all’Economia, in qualità di ex assessore alle infrastrutture, M. F. (Fi) e l’ex vicepresidente del governo siciliano G. A. (Azione) sono indagati dalla Procura di Catania in un’inchiesta sulla Società degli Interporti siciliani Spa, azienda a totale partecipazione pubblica. Nell’ambito della stessa indagine i carabinieri hanno arrestato e posto ai domiciliari l’ex deputato regionale N. D’A., l’imprenditore L. C., l’amministratore unico della società, R. T. R., e una dipendente dell’azienda, C. S.. Tra i reati ipotizzati, a vario titolo, peculato e corruzione. Gli arresti domiciliari sono stati disposti dal Gip.
L’indagine, è stata coordinata dalla Procura distrettuale e condotta da carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania dal settembre 2019 al marzo 2021. E’ stata avviata dopo un esposto di dipendenti dell’azienda pubblica sul presunto falso possesso di una laurea prodotta da una dipendente, C. S..
Dagli accertamenti, ricostruisce la Procura, sarebbero emerse presunte “interferenze illecite che avrebbe esercitato, tramite alcuni politici regionali, per revocare il licenziamento per giusta causa della Sangiorgi, poi per garantirle una posizione lavorativa ‘gradita’ in azienda, e, infine, per omettere l’avvio di doverose procedure disciplinari per il rifiuto di svolgere gli incarichi e di lavorare in smart-working durante la prima fase della pandemia”.
I tre, secondo la Procura, “avrebbero esercitato pressioni sull’amministratore unico della Sis, al fine di far revocare il licenziamento della dipendente”.
Le indagini dei carabinieri, contesta ancora la Procura nella prima fase dell’inchiesta, avrebbero inoltre «fatto emergere un accordo corruttivo che sarebbe intercorso tra T. R. e L. C., titolare della Lct Spa, società del settore dei trasporti titolare dell’affidamento in concessione della gestione funzionale, operativa ed economica e della manutenzione ordinaria per nove anni del Polo Logistico dell’Interporto di Catania».
In particolare, «T. R. avrebbe concesso l’area in uso gratuito mesi prima che venisse formalizzato il contratto, avvisando la società di controlli dell’Ispettorato del Lavoro e dei Vigili del Fuoco e anche omesso o comunque ritardato l’invio di diffide ufficiali alla Lct Spa prima della stipula del contratto di concessione, e avrebbe consentito alla società di concludere un contratto con una terza azienda».
In cambio, contesta la Procura, “C. avrebbe assunto la nuora di T. R. e promesso vantaggi futuri all’amministratore” della Sis. Quest’ultimo è inoltre indagato per essersi appropriato di 2.850 euro, con bonifici in suo favore, dal conto della Società degli interporti siciliani spa di cui aveva la disponibilità. – [FONTE]
Latina: 4 dirigenti ed amministratori locali di Formia sono indagati per un danno erariale da 3,6 milioni di euro.
25/08/2022 – Nell’ambito di un’attività d’indagine co-delegata dalla Procura Contabile di Roma, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto hanno raccolto nei confronti di n. 4 dirigenti ed amministratori locali elementi sufficienti per un’azione di responsabilità amministrativa innanzi alla competente Sezione Giurisdizionale per il Lazio per ivi sentirli rispondere di un danno erariale di oltre 3,6 milioni di euro, cagionato al bilancio comunale e conseguente alla mancata realizzazione delle opere e degli interventi sul Porto Turistico di Formia. Il pregiudizio segue ad una condotta amministrativa rilevante sotto il profilo omissivo poiché gli incolpati non avrebbero svolto regolarmente e coerentemente ai richiesti canoni di efficienza ed efficacia i doveri di servizio ad essi intestati, con la conseguenza che il Comune di Formia avrebbe perso importanti finanziamenti, nonché probabili entrate, corrispondenti al mancato introito dei canoni, che sarebbero potuti derivare dalla realizzazione dell’opera pubblica e dalle annesse strutture per le attività ricreative e commerciali. Rientrante in un ben più vasto Piano d’interventi a carattere regionale finalizzato alla costituzione di un sistema di porti ed approdi strutturato per migliorare qualitativamente i servizi e le funzioni prevalentemente dedicate al turismo a breve raggio, al diporto ed al pendolarismo con le isole pontine, il progetto di un Porto Turistico nella rinomata cittadina del Sud-Pontino prevedeva la realizzazione di oltre 600 posti barca, ipotizzandosi di tal guisa un significativo sviluppo turistico nonché conseguenziali ed evidenti ritorni sull’economia dell’intero territorio.
La vicenda di che trattasi origina dall’atto negoziale di concessione, sottoscritto in data 8 marzo 2010 per un importo presumibile di € 110 milioni tra il Comune di Formia ed una società partenopea nelle forme procedurali della Finanza di progetto (cd. “Project financing”), in cui il ristoro del finanziamento a lungo termine di un progetto, riguardante nel caso di specie la costruzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, è garantito dai flussi di cassa previsti dall’attività di gestione o esercizio dell’opera stessa. Costituendosi come addizione all’esistente Porto di Formia e con dimensioni superiori all’attuale struttura, l’opera pubblica risultava, tuttavia, strabordante il perimetro urbanistico tracciato dal vigente P.R.G. e necessitante anzitutto delle previste autorizzazioni paesaggistico- ambientali. La produzione di specifici atti e documenti da parte dell’Autorità Procedente (Comune di Formia) si sarebbe rivelata essenziale alla definizione dell’istruttoria per il rilascio delle autorizzazioni da parte dell’Autorità Competente (Regione Lazio – Area V.A.S.), i cui adempimenti sarebbero culminati nella redazione del Rapporto Ambientale Definitivo per il rilascio della V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) e della V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale). Tuttavia dall’esame della documentazione acquisita dalle intervenute Forze di Polizia è emerso come, malgrado le istanze e i solleciti vari dell’Autorità Competente, il Comune di Formia non avesse inviato la documentazione richiesta provocando una lunga fase di stallo che oltre ad impedire la programmazione delle eventuali ed ulteriori iniziative tese al perseguimento ed alla realizzazione dell’opera, ha determinato l’archiviazione del progetto ed un’escalation di vicende giudiziali tra le parti negoziali culminata poi in una transazione conciliativa civilistica.
La complessa attività istruttoria, eseguita sotto la direzione del Vice Procuratore Dr. Massimo Perin e del Sostituto Procuratore Dott.ssa Eleonora Lener, ha dunque permesso di constatare il pregiudizio erariale sia nella forma del danno emergente pari ad € 500 mila, corrispondente alla restituzione dei canoni corrisposti anticipatamente dalla società concessionaria all’atto della sottoscrizione del contratto, sia nella forma del lucro cessante pari ad oltre € 3 milioni per la mancata riscossione degli introiti dei canoni annui residui che la società avrebbe corrisposto in forza della concessione cinquantennale oltreché per i mancati guadagni derivanti dagl’interventi di recupero e riqualificazione urbanistica dell’area adiacente l’ambito portuale. L’attività svolta dalle Fiamme Gialle Pontine e dalla Capitaneria di Porto di Gaeta conferma la preziosa collaborazione tra le Forze di Polizia sul territorio e l’Autorità Contabile, confermando, in un contesto di ripartenza infrastrutturale ed economica come quello attuale, la grande attenzione e l’impegno profusi nello specifico comparto della tutela dei bilanci dello Stato e degli enti locali, in modo tale da tutelare la necessità di un utilizzo efficiente del denaro pubblico e contrastare tutte le manifestazioni omissive e di mala gestio della res publica. – [FONTE]
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Cosenza, truffa sulle pulizie in ospedale: 4 arresti. Indagati anche i vertici della struttura. “Quadro igienico-sanitario allarmante”
22/12/2020 – Le pulizie non venivano eseguite. E anche quando l’addetto era presente, posata la scopa si occupava pure dell’assistenza dei malati in reparti come quello di malattie infettive. All’ospedale di Cosenza c’era “un quadro allarmante soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario”. Così il procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo, ha definito quanto è emerso dall’inchiesta che stamattina ha portato all’arresto dei funzionari e dirigenti della “Coopservice”, la società che gestiva l’appalto per i servizi di pulizia e servizi integrativi all’interno dell’ospedale cosentino.
Accogliendo la richiesta del procuratore del pm Margherita Saccà, il gip Giuseppe Greco ha disposto i domiciliari per Massimiliano Cozza, Fabrizio Marchetti, Salvatore Pellegrino e Gianluca Scorcelletti. Stando alle indagini dei carabinieri e della guardia di finanza, tutti sono accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture. Nei loro confronti e in quelli dell’indagata Monica Fabris, inoltre, il gip ha disposto il sequestro preventivo di oltre 3 milioni di euro, la somma che secondo gli inquirenti è stata intascata per servizi ospedalieri inesistenti.
La Procura, inoltre, ha chiesto l’interdizione per altri cinque funzionari e dirigenti dell’Azienda ospedaliera ma il gip si è riservato di decidere dopo gli interrogatori di garanzia degli indagati arrestati. Con l’accusa di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale e abuso d’ufficio, la Procura di Cosenza ha inoltre iscritto nel registro degli indagati anche i vertici dell’azienda ospedaliera. Sono, infatti, indagati il direttore generale Achille Gentile e il responsabile dell’Unità operativa complessa “Gestione forniture servizi e logistica” Teodoro Gabriele per i quali i pm hanno chiesto l’interdizione della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio.
Leggi anche: Operazione “Bologna luxury”
Lo stesso provvedimento è auspicato nei confronti di altri tre collaboratori amministrativi dell’ospedale: Domenico Fuoco, indagato solo per abuso d’ufficio, Renato Mazzuca e Maria Giacinta accusati anche di falso. Sono indagati, infine, il direttore del Dipartimento amministrativo dell’azienda ospedaliera Giancarlo Carci e il direttore sanitario Mario Veltri. – [Continua su FONTE]
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Piemonte, candidato escluso a liste chiuse: indagati esponenti di Forza Italia e Lega
15/12/2020 – P. Z., deputato e commissario regionale di Forza Italia (nonché fratello di Alberto, anestesista e medico personale di Silvio Berlusconi), R. M., presidente del gruppo della Lega Salvini alla Camera, A. B., deputato e segretario provinciale sempre della Lega, e F. B., funzionario della Regione Piemonte (in questo caso come rappresentante di lista della Lega a Moncalieri, che presentò materialmente la lista con soli 23 candidati anziché 24) sono indagati dalla procura di Torino per avere cancellato indebitamente dalla lista della Lega, alle ultime elezioni comunali di Moncalieri (20 e 21 settembre 2020), il nome di Stefano Zacà, ex leader cittadino di Fi passato però al Carroccio. Lui era poi stato riammesso grazie a un ricorso al Tar. Il reato prevede una pena da uno a sei anni di reclusione.
Nelle carte dell’inchiesta, nata da un esposto dei Radicali e condotta dal pm Gianfranco Colace, traspare che il nome di Zacà sarebbe stato cancellato con un colpo di penna dopo che la lista della Lega era già stata sottoscritta da 76 cittadini in sostanza per una ripicca: Forza Italia non avrebbe gradito il passaggio del suo ex esponente al nuovo partito e avrebbe convinto i vertici del Carroccio ad assecondare la richiesta di impedirgli di correre per le elezioni. Le indagini sono già state chiuse a inizio dicembre 2020. Nei prossimi giorni i quattro indagati avranno facoltà di produrre memorie o di farsi ascoltare dal magistrato per chiarire la propria posizione. – [FONTE]
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Renzi indagato con Boschi e Lotti. L’accusa: «Inchiesta Open, oltre 7 milioni di finanziamenti illeciti»
09/11/2020 – Matteo Renzi indagato nell’inchiesta Open con Maria Elena Boschi e Luca Lotti: la Procura di Firenze conferma le iscrizioni nell’inchiesta sulla fondazione con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Il senatore Matteo Renzi, infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati, come riporta La Verità stamani. Secondo quanto confermano anche fonti inquirenti, l’ex segretario del Pd, ora leader di Italia Viva, sarebbe accusato di finanziamento illecito ai partiti in relazione ai fondi gestiti dalla fondazione che organizzava la Leopolda. Stesse accuse, per fatti del periodo 2012-2018, sono contestate dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi a Luca Lotti e Maria Elena Boschi, in quanto componenti del direttivo della fondazione.
7,2 milioni di finanziamenti
Nella fondazione Open sarebbero confluiti dal 2012 al 2018 oltre 7,2 milioni di euro in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti secondo l’ipotesi di reato che la procura di Firenze attribuisce a Matteo Renzi e ai componenti del consiglio direttivo dell’ente fra Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Nell’inchiesta sono indagati, fin dalle prime fasi delle indagini, anche l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Secondo quanto appreso, la guardia di finanza indaga contributi in denaro versati da più finanziatori alla fondazione Open. Nel dettaglio gli importi totali finiti sotto la lente degli investigatori ammontano alle seguenti cifre: 671.961 euro nel 2012; 700.720 nel 2013; 1.096.283 per il 2014; 452.585 euro per il 2015; 2.105.899 euro nel 2016; 1.017.763 nel 2017 e 1.159.856 nel 2018.
La reazione di Renzi
«Ci sono magistrati, pochi fortunatamente, a cui la ribalta mediatica piace più del giudizio di merito, che seguono la viralità sui social più che le sentenze della Corte di Cassazione. La Cassazione ha totalmente annullato il provvedimento di sequestro» relativo all’inchiesta Open, «dando anche un chiaro segnale ai pm dell’accusa. Ma quella vicenda ci ha creato un danno pazzesco, anche alla nostra forza attrattiva». Lo dice Matteo Renzi commentando la sua iscrizione nel registro degli indagati per l’inchiesta Open, nel suo discorso in apertura dell’assemblea di Italia viva. «Da quei pm di Firenze che hanno svegliato con 300 finanzieri gli sponsor della fondazione Open mi sarei aspettato una lettera di scuse e invece è arrivato un avviso di garanzia, che mi riguarda. Ci sono vari modi per replicare a quello che sembra un assurdo giuridico: io penso che a chi cerca la battaglia e la visibilità mediatica, bisogna rispondere con il diritto. Loro passano le informazioni alla Verità, noi pensiamo che la verità sia quella che ha detto la Cassazione».
Italia Viva: increduli, Cassazione aveva smentito i pm
«Sorpresa e incredulità» trapela da Italia Viva per le scelte della procura di Firenze su Open, «dopo che la sentenza della Corte di Cassazione aveva smentito con nettezza l’operato dei pm proprio su questa inchiesta». Matteo Renzi, che interverrà nel pomeriggio all’Assemblea di Italia Viva, intende però evitare polemiche politiche con i magistrati – spiegano fonti di Iv – e affiderà la discussione nel merito del provvedimento agli avvocati.
Il dubbio che si stesse scoperchiando il vaso di Pandora ha preso a diffondersi mercoledì mattina. Il 4 di novembre, mentre il Dpcm aveva ormai assunto una forma definitiva, i numeri che avrebbero dovuto alimentare l’algoritmo – la formula con i famosi 21 indici a cui è demandata la responsabilità di “colorare” l’Italia dividendola in fasce di rischio – tardavano ad arrivare. – [FONTE]
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‘Ndrangheta in Lombardia, 11 arresti decapitano la locale di Legnano. Indagati funzionario Anas e due agenti municipali
04/09/2020 – La conferma di una presenza forte della ‘ndrangheta nelle province di Milano, Varese, Pavia. È qui che i militari del Comando e del Reparto Anticrimine, con il supporto di unità speciali, cinofile ed elicotteri, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del capoluogo lombardo, nei confronti di 11 persone. Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di corruzione, estorsione, rapina, spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco clandestine ed alterate, tra cui un potente esplosivo, incendio doloso, minaccia aggravata, favoreggiamento personale.
Condotte tutte aggravate dal “metodo mafioso” perché commesse, spiegano i carabinieri, “al fine di agevolare le attività consortili della locale di ‘ndrangheta di Legnano – Lonate Pozzolo“. Le indagini, avvalorate dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, hanno consentito non solo di confermare l’assoluta pervasività dell’associazione mafiosa negli apparati pubblici e nelle amministrazioni locali ma hanno permesso di documentare il potere delle cosche di ‘Ndrangheta anche in territorio estero confermandone ancora una volta la vocazione transnazionale.
Tra gli indagati, infatti, ci sono anche un funzionario Anas e due ufficiali della polizia locale dei comuni di Ferno e Lonate Pozzolo, in provincia di Varese. Le indagini hanno documentato “rapporti e condotte illecite di due ufficiali della polizia locale dell’Unione dei Comuni di Ferno e Lonate Pozzolo (indagati ma non destinatari di provvedimenti coercitivi)”. Avrebbero favorito un esponente dell’associazione mafiosa con la rivelazione di controlli ispettivi ai cantieri, e sono ancora in corso le attività di perquisizione a carico degli indagati. Il funzionario Anas, invece, intervenuto in un cantiere di Vanzaghello dell’impresa riconducibile ad uno dei sodali della cosca, pur accertando l’assenza dei permessi necessari all’occupazione della carreggiata, avrebbe prima redatto i verbali di accertamento e poi, in seguito all’intervento dell’affiliato, li avrebbe annullati. Il geometra si sarebbe poi messo a completa disposizione per garantire il completamento dei lavori. A fronte della propria condotta corruttiva, il funzionario avrebbe anche accettato dall’appartenente alla cosca la promessa della dazione di un escavatore.
Nell’inchiesta della Dda di Milano, è stata ricostruita l’attività di favoreggiamento a favore dell’associazione mafiosa commessa anche da un consulente esterno della Procura di Busto Arsizio, già colpito da provvedimento cautelare il 4 luglio 2019 per altri reati. L’indagato era titolare di un’agenzia investigativa con cui faceva il consulente tecnico dell’ufficio giudiziario varesino, ma faceva anche “bonifiche” a favore di un autorevole esponente della locale di “Legnano-Lonate Pozzolo” per il rintraccio di microspie, gps e telecamere installate dalla polizia. Forniva periodicamente informazioni su indagini in corso ed indicazioni tecniche e cautele da adottare per eludere le attività investigative. E’ stata ricostruita, nelle indagini, anche una violenta estorsione a Malta nel gennaio 2020 da parte di un gruppo di indagati diretta espressione della famiglia di Vincenzo Rispoli, “storico capo della locale di Legnano – Lonate Pozzolo”, spiegano i carabinieri. Un imprenditore per cui alcuni indagati avevano lavorato in nero era stato selvaggiamente picchiato per non aver pagato quanto concordato. L’estrema violenza a Malta serviva non soltanto a punire l’imprenditore inadempiente ma a confermare, anche in territorio straniero, che “la ‘ndrangheta non è morta”, come uno degli stessi indagati avrebbe ribadito nel corso di una conversazione intercettata. Le numerose risultanze raccolte in fase investigativa hanno confermatom ancora una volta, la piena ed attuale operatività della Locale “Legnano-Lonate Pozzolo”. – [Continua su fonte]
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Corruzione ed evasione fiscale all’aeroporto di Fiumicino: 5 arresti, fra gli indagati funzionari Enac e avvocati
21/07/2020 – Ci sono presunti casi di corruzione e di traffico di valuta all’estero dietro all’arresto di cinque persone da parte della Polizia di Frontiera di Fiumicino nell’ambito di un’inchiesta su un presunto giro di corruzione che coinvolge alcuni titolari di aziende con attività nell’aeroporto romano e un alto funzionario dell’Enac. Oltre agli arrestati, risultano indagati anche due avvocati romani, altri imprenditori e funzionari dello stesso ente.
Secondo gli investigatori, coordinati dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia, gli indagati sovvenzionavano regolarmente i dipendenti pubblici affinché «sorvolassero» su una serie di irregolarità tali da poter portare alla revoca delle certificazioni necessarie per lavorare in ambito aeroportuale. In base alla ricostruzione degli inquirenti, il funzionario arrestato, un uomo di anni 58 anni, veniva sistematicamente remunerato con ogni sorta di benefit, oltre che con denaro in contanti: dal pieno della vettura ai viaggi gratuiti, alla messa a disposizione di una lussuosa autovettura, nonché il pagamento dei servizi Telepass e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle vetture della sua famiglia.
Le indagini dei poliziotti, compiute anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno consentito di appurare come l’unica finalità perseguita dai funzionari Enac fosse quella di ottenere un guadagno da ogni loro azione od omissione.
Gli avvocati coinvolti, invece, volevano sfruttare la malleabilità del funzionario pubblico per portare illecitamente all’estero ingenti somme di denaro, con ogni probabilità riconducibili a loro clienti, sui quali gli investigatori stanno ancora indagando. «Lo squarcio aperto sul mondo aeroportuale – si legge nella nota della polizia – fa emergere un sistema di accreditamento di alcune ditte a discapito di altre, secondo la logica del clientelismo: chi riusciva ad entrare nel ricco mercato dell’aeroporto poi, grazie al consolidato sistema delle amicizie, dei favori e controfavori, rimaneva immune da qualsiasi forma di concorrenza, riuscendo cosi ad aggiudicarsi sempre lucrosi contratti».
Un noto imprenditore calabrese di 55 anni, infine, grazie alla compiacenza del funzionario arrestato stava cercando di mettere le mani sul business del trasporto del materiale radioattivo, per il quale aveva già acquistato alcuni aeromobili. Gli arrestati dovranno rispondere di corruzione e concussione nonché di falso, abuso di ufficio, bancarotta per distrazione, violazione delle norme ambientali. Nel corso dell’operazione sono state sottoposte a sequestro preventivo alcune autovetture. – [FONTE]
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Appalti truccati e corruzione, nel mirino le opere pubbliche a Vagli: indagata l’intera giunta
26/05/2020 – Per gli inquirenti c’era un “sistema Vagli”, fatto di favori ad imprenditori locali da parte di amministratori compiacenti. Accuse pesanti quelle contenute nella nuova inchiesta giudiziaria che scuote il Comune di Vagli, dove sono stati iscritti a vario titolo nel registro degli indagati il sindaco in carica G. L., l’ex primo cittadino e attuale vicesindaco M. P., insieme all’assessore M. P. nell’ambito dell’indagine su presunti appalti truccati, turbativa d’asta, truffe, falso ideologico e, per gli amministratori, corruzione. Con loro risultano indagati una trentina tra tecnici del Comune, consulenti, periti e imprenditori dei settori marmifero e delle costruzioni e sotto inchiesta ci sono anche la moglie e la figlia dell’ex primo cittadino, L. e M..
Questa mattina (25 maggio) negli uffici comunali, in sede di aziende e abitazioni di amministratori e imprenditori finiti sotto inchiesta si sono presentate le forze dell’ordine, incaricate dalla procura di acquisire la documentazione relativa a numerosi lavori eseguiti in regime di somma urgenza e quindi affidati con procedura diretta a ditte ed aziende compiacenti. Blitz che sono stati eseguiti dai carabinieri forestali di Camporgiano da cui era partita, circa 18 mesi fa, l’indagine, militari della compagnia dei carabinieri di Castelnuovo, uomini della squadra mobile di Lucca e del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Lucca. Trenta gli obiettivi degli inquirenti, tra case private, uffici e sedi di aziende. Nell’inchiesta sono finite sotto la lente anche numerose autorizzazioni all’attività estrattiva nel bacino marmifero di Vagli, che sono al vaglio degli inquirenti. In qualche caso, ritengono gli investigatori, i danni e le calamità venivano perfino inventate, ma fatte risultare nelle carte necessarie a procedere all’affidamento dei lavori.
L’inchiesta era partita da una segnalazione arrivata ai carabinieri forestali di Camporgiano che più di recente hanno svolto le verifiche del caso a seguito di un esposto denuncia del gruppo di opposizione Per Vagli e Roggio e relativo ai lavori di realizzazione di un bypass dopo la chiusura, per motivi di sicurezza, del ponte Morandi sulla Tambura. Un’opera che era stata fatta partire nei giorni di Pasqua e nonostante l’emergenza covid per rompere l’isolamento del paese e che, anche quella, è adesso sotto la lente della procura.
La lista delle opere per cui si ipotizzano illeciti è lunga e copre tutto il periodo dalla precedente giunta a quella attuale. Durante le perquisizioni è stata acquisita la documentazione dei lavori e degli affidamenti per vagliare nel dettaglio le procedure. Nel mirino ci sarebbe anche il recente bando per la gestione della piscina comunale, mentre si ipotizza anche la truffa per alcuni finanziamenti ottenuti per l’emergenza maltempo da parte di enti pubblici. Denaro che sarebbe stato destinato a Vagli sulla base di certificazioni false che avrebbero gonfiato l’entità delle opere da eseguire per il ripristino di strade o versanti franosi, a seguito di nubifragi. – [FONTE]
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Roma, ex presidente e 3 dirigenti di Ama indagati: “Falso in bilancio per 445 milioni e 250 di Tari distratti alle casse del Comune”
14/05/2020 – Almeno quattro anni di falso in bilancio, fra il 2013 e il 2016, per circa 445 milioni di euro e la “distrazione”, nel 2019, di altri 250 milioni di competenza del Comune di Roma serviti per pagare le banche che minacciavano la chiusura delle linee di credito. Così, secondo le ipotesi del nucleo di polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, in questi anni l’Ama Spa – la società capitolina che si occupa della raccolta dei rifiuti e dell’igiene urbana in città – avrebbe protetto i propri conti dalla fortissima esposizione nei confronti delle banche. Alla base delle operazioni contabili contestate c’è la Tari, la tariffa rifiuti che Ama incassa dai cittadini soltanto in qualità di ente riscossore, ma che poi riversa (o dovrebbe riversare) al Comune di Roma. Ma invece che nelle casse capitoline, una buona fetta di soldi sarebbero finiti agli istituti di credito. Secondo i finanzieri agli ordini del colonnello Gavino Putzu, che nella mattinata di martedì si sono recati in Ama per il sequestro dei relativi documenti contabili, gli esercizi dal 2013 al 2016 (ultimo bilancio approvato) hanno rappresentato “un quadro aziendale caratterizzato da una totale confusione fra il patrimonio proprio ed il patrimonio di pertinenza di Roma Capitale”. Soprattutto “la Tari non fa parte del suo patrimonio e, dunque, dovrebbe essere indisponibile per la partecipata”.
Il presunto falso in bilancio fra il 2013 e il 2016 e gli indagati – Dalle analisi degli inquirenti emerge che “l’intera liquidità disponibile sui conti aziendali al termine dei rispettivi esercizi risulta rappresentata nei bilanci approvati quale finanza propria, senza alcuna separazione rispetto a quella conservata sul conto corrente” della Banca Popolare di Sondrio, “detenuta per conto del titolare esclusivo Roma Capitale”. Tradotto: la Tari è del Comune e l’Ama non poteva farla passare come propria, alterando così i bilanci. Le cifre sono 76.714.540 euro per il 2013, 110.181.566 euro per il 2014, 140.582.393 euro per il 2015 e 118.062.572 euro per il 2016. Per i relativi anni di competenza risultano indagati per falso in bilancio l’ex presidente ai tempi del sindaco Ignazio Marino, Daniele Fortini – nominato da Nicola Zingaretti prima consulente sui rifiuti e poi numero uno della società regionale Lazio Ambiente Spa – e i componenti del cda Rodolfo Murra – oggi capo dell’avvocatura della Regione Lazio – e Carolina Cirillo – nominata da poco da Virginia Raggi direttrice della centrale acquisti del Comune di Roma; con loro Antonella Giglio, scelta per un breve periodo (a cavallo fra il 2016 e il 2017) dalla stessa sindaca di Roma come amministratore unico di Ama. Ai quattro indagati, va precisato, vengono contestati nel capo di imputazione i bilanci del 2015 e 2016, per un totale di circa 258 milioni di euro. Fra gli indagati c’è la stessa Ama Spa, rappresentata legalmente dall’attuale numero uno, Stefano Zaghis.
La “distrazione” da 250 milioni e la cacciata di Bagnacani – Ma nel decreto di sequestro della Guardia di Finanza viene raccontato un altro episodio, più recente. Siamo a inizio 2019 e impazza la polemica fra i vertici di Ama, guidata dal manager Lorenzo Bagnacani, e il Campidoglio, rappresentati dalla sindaca Raggi e dal direttore generale Franco Giampaoletti. Le parti litigavano sull’ammontare delle partite creditore e debitorie e in particolare su una voce da 18 milioni che non permetteva ad Ama di approvare il bilancio 2017, mettendo in difficoltà l’azienda – a detta di Bagnacani – di fronte alle banche, che minacciavano di chiudere le linee di credito.
I vertici di Ama, fra le altre cose, volevano trattenere in azienda (contro il volere del Campidoglio) la cifra di 250 milioni di euro relativa alla Tari, che dovevano servire a “tenere aperte le linee di credito” e “garantire gli stipendi”. Gli ex manager furono cacciati pochi giorni dopo. Scrivono oggi i finanzieri, citando una relazione ispettiva della Bce sui conti della Banca Popolare di Sondrio: “Vi è stato – si legge – l’accertamento in merito all’illegittimo utilizzo da parte di Ama dei 250.000.000 di euro provenienti dalla Tari per il rimborso dei finanziamenti bancari”. Il problema è che, a quanto si apprende dai documenti della Finanza, non è stato posto rimedio, condizione che è arrivata a interessare anche gli attuali vertici: “Risulta – si legge ancora – che alla fine dell’anno 2019 Ama Spa abbia addirittura distratto 250 milioni di euro di fondi Tari per destinarli, a proprio vantaggio, alla estinzione di obbligazioni finanziarie contratte verso il sistema bancario”.
Il debito di Ama, i bilanci sospesi e le banche creditrici – Ad oggi Ama non ha ancora ottenuto dal Comune di Roma – socio unico – l’approvazione dei bilanci del 2017, del 2018 e del 2019. Al momento, come riporta la Guardia di Finanza, “e’ possibile rilevare l’esposizione debitoria di Ama Spa incrementata da 1,3 miliardi di euro del 2010 ad 1,6 miliardi di euro del 2016”. Inoltre, “particolarmente rilevante è l’esposizione verso il sistema bancario, nonostante il decremento da 620 milioni a 502 milioni di euro nell’arco temporale monitorato”. Il sostegno finanziario ad Ama viene garantito da Unicredit Spa, Banca Popolare di Sondrio e Monte dei Paschi di Siena. C’e’ poi una linea di credito la “A” garantita dalla Bnl “attraverso un contratto di ristrutturazione del debito ad interesse variabile, associato ad una operazione in swap a copertura del rischio di rialzo del tasso”. I finanzieri hanno effettuato sequestri anche presso le sedi della Banca Popolare di Sondrio e della Bnl Paribas. – [FONTE]
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