Inchiesta urbanistica Milano, i legali: “Con l’abuso d’ufficio non ci sarebbe mai stata corruzione”

29/08/2025 – “Con l’abuso d’ufficio questa inchiesta per corruzione non sarebbe mai esistita“. Il ‘mantra‘, a metà fra una battuta e una lamentela, circola da settimane fra gli avvocati milanesi coinvolti nell’indagine sull’urbanistica che ha scosso Milano e portato, dopo anni in cui non accadeva, ad arresti (poi revocati) di vertici dell’amministrazione e imprenditori e a interdittive per corruzione. Che l’abuso d’ufficio – cancellato – si sarebbe presto trasformato in qualcosa di molto più grave c’è chi lo aveva previsto con largo anticipo. È il caso dell’avvocato Franco Coppi, forse il più celebre penalista in vita d’Italia, difensore di Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti. Lo disse ai cronisti del palazzo di giustizia nel 2023, a margine di un’udienza dei processi per il Monte dei Paschi di Siena: “Togliere l’abuso d’ufficio vorrà dire che i pubblici ministeri procederanno per corruzione, si allargherà il concetto di ‘utilità’ e quindi al posto dell’abuso avremo la corruzione, non mi pare una grande alzata d’ingegno“.

Sul caso concreto dell’urbanistica di Milano nessuno si espone pubblicamente con nome e cognome, perché al momento c’è da difendere onorabilità e conseguenze penali per i propri assistiti, ma il fascicolo con 75 indagati fra cui il sindaco Giuseppe Sala, Manfredi Catella, Stefano Boeri e l’ex assessore Giancarlo Tancredi in agosto è diventato, nel mondo dell’avvocatura meneghina, lo spunto per discutere delle riforme della giustizia, del ministro Carlo Nordio e del referendum costituzionale per la separazione delle carriere. “Voterò convintamente per separare pm e giudici – spiega uno dei legali più noti del foro milanese – ma se fossi l’Associazione Nazionale Magistrati userei l’urbanistica come sponsor contro la riforma Nordio“. Il ragionamento del professionista è lineare: la Procura ha chiesto 6 arresti in carcere e domiciliari con 11 capi d’imputazione di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, false dichiarazioni e induzione indebita. Un gip ha disposto gli arresti attenuando le custodie in carcere (tranne in un caso) dopo gli interrogatori preventivi. Ha riconosciuto fondati sui gravi indizi solo 7 capi d’imputazione, restringendo la “dazione corruttiva“, ad esempio per Catella con l’architetto Alessandro Scandurra, dai 138mila euro individuati da pm e guardia di finanza ai soli 28mila euro di una singola e presunta “falsa fattura” nell’estate 2023. Non ha riconosciuto il capo d’imputazione con gli indagati principali e più ‘mediatici’ (Sala-Tancredi-Catella-Boeri, il dg del Comune Malangone, il presidente della commissione paesaggio Marinoni) sul progetto dell’ex Pirellino. Il Tribunale del riesame ha revocato tutti gli arresti, annullandone completamente 3 (si vedrà se per i gravi indizi o le esigenze cautelari) e ne ha sostituiti altri 3 con interdittive e sospensioni professionali. Ha riqualificato inoltre l’ipotesi di reato: da corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (articolo 319 codice penale, da 6 a 10 anni di pena) nella più lieve corruzione per esercizio delle funzioni (318, da 3 a 8 anni), che giornalisticamente viene tradotta con il funzionario pubblico “a disposizione” o a “libro paga” del costruttore privato ma non per il singolo atto contrario al suo ruolo. Un’evoluzione in fase di indagini preliminari che per il legale mostra “plasticamente” l’indipendenza dei giudici dalle Procure. – [CONTINUA SU FONTE]

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