08/11/2018 – Verdini avrebbe pianificato un’operazione che portò la banca a rientrare in possesso di parte dei soldi prestati a una delle due imprese edili degli Arnone ma al tempo stesso a portare alla bancarotta di questa ditta, oltre a recare svantaggio agli altri creditori dell’impresa edile.
Il tribunale di Firenze ha condannato ierisera in un processo per bancarotta preferenziale sul crac di società edili Denis Verdini a 4 anni e 4 mesi e gli imprenditori di Campi Bisenzio Ignazio Arnone, a 3 anni e 4 mesi, e il figlio Marco Arnone a 2 anni e 4 mesi.
Il processo riguarda operazioni fra la banca ex Ccf, di cui Verdini era presidente, e le imprese degli Arnone che avevano rapporti con l’istituto da cui ottennero lavori edili i cui proventi vennero stornati per ridurre l’esposizione debitoria. Il pm Luca Turco aveva chiesto 6 anni per Verdini e 1 anno e 3 mesi per i due imprenditori, riconoscendo le attenuanti generiche per la “totale subordinazione a Verdini”. Verdini è intervenuto con una dichiarazione spontanea dicendo che “i lavori erano stati assegnati a clienti di vecchia data della banca, furono fatti e la banca li pagò”, “tra gli Arnone ci furono normali rapporti patrimoniali tra padre e figlio”. Per Turco fu invece un’operazione “studiata a tavolino”.
I fatti risalgono al 2009-2010, quando Denis Verdini era presidente del Credito Cooperativo Fiorentino di Campi Bisenzio, la banca che sarebbe stata commissariata nel luglio successivo e poi messa in liquidazione. Secondo le accuse, all’epoca la Arnone Srl, che aveva costruito molti appartamenti ed eseguito lavori anche per il Credito Cooperativo, stava attraversando una fase di crisi, era ormai praticamente inattiva e debitrice della banca per circa 4 milioni di euro. In quel frangente l’istituto incaricò la Cdm, impresa intestata a Marco Arnone, di eseguire lavori di ristrutturazione nella filiale fiorentina di viale Belfiore. Parte dei pagamenti vennero devoluti dalla Cdm alla Arnone srl a fronte di fatture per presunti lavori in subappalto (ma la Arnone era inattiva), e da questa utilizzati per pagare le rate del debito con la banca. In questo modo la Cdm subì, secondo le accuse, un impoverimento di 810 mila euro e finì in ginocchio. E dato che la Arnone era indebitata anche con la Agenzia delle Entrate, oltre che con dei fornitori, quella operazione – secondo le accuse – costituì una violazione della par condicio dei creditori, cioè una bancarotta preferenziale.
Prima dell’inizio della requisitoria l’ex senatore Verdini, difeso dal professor Franco Coppi e dall’avvocatessa Ester Molinaro, ha dichiarato, invece, che la Arnone era certo in difficoltà ma non a rischio dissesto, tanto è vero che la sua posizione debitoria era stata classificata a “incaglio” e non a “sofferenza”, e così era rimasta anche in seguito sotto la gestione dei commissari. “Non c’era nessuna avvisaglia di fallimento”, ha detto. E se parte del denaro versato dalla banca alla Cdm di Marco Arnone per i lavori era stato poi usato per saldare i debiti del padre, questo – ha sostenuto Denis Verdini – rientra nei rapporti fra padre e figlio, che si aiutano in caso di necessità.
A questo punto l’elenco delle condanne per l’ex parlamentare del Pdl, poi di Forza Italia e infine di Ala diventa preoccupante. Il 3 luglio scorso Denis Verdini è stato condannato dalla corte di appello di Firenze a 6 anni e 10 mesi per il crac del Credito Cooperativo. Il 13 settembre il tribunale di Firenze gli ha inflitto una seconda condanna a 5 anni e mezzo per bancarotta per il fallimento della Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana. Ora la terza sentenza sfavorevole. Anche a Roma ha problemi. Guadagnata la assoluzione per prescrizione dall’accusa di corruzione nella vicenda della Scuola Marescialli, è stato condannato a un anno e 6 mesi in primo grado per finanziamento illecito nel processo P3. – [Repubblica.it]
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