“COPRIRE” CON LA SPENDING LA PENSIONE DI 4.000 DOCENTI ERA UN GOLPE, FARLO PER LE MISSIONI MILITARI INVECE VA BENE
di Marco Palombi
La spending review è l’atto più politico, ripetono spesso governo e commissario incaricato. Hanno ragione e da ieri è chiaro qual è la visione politica loro e, in particolare, della tecnostruttura del Tesoro (Ragioneria generale in testa), che ormai si percepisce sempre più come quarto potere autonomo nell’ordinamento repubblicano: se i soldi servono a mandare in pensione 4.000 professori vittime della riforma Fornero sono “coperture false”, gli stessi soldi (moltiplicati per cinque però) sono perfettamente regolari se si tratta di finanziare il decreto sulle missioni militari. È questa la vicenda di cui vi raccontiamo.
IN TUTTO, tra Afghanistan, Libia armi da “regalare” ai curdi eccetera, la partita vale 452 milioni (nell’anno abbiamo superato il miliardo) e qui vogliamo occuparci delle coperture. Trovarle, ammesso che siano state trovate, è stato così difficile che il decreto è stato presentato solo il 4 agosto, quando i soldi stanziati per il primo semestre erano già finiti da oltre un mese. Le principali sono due: 200 milioni sono interessi che Monte dei Paschi di Siena ha pagato sui cosiddetti Monti-bond (in sostanza un prestito da 4 miliardi); altri 213 milioni arrivano invece dalla spending review – cioè i tagli – sul bilancio del ministero della Difesa, cifra che somma a questo punto un quinto delle somme a disposizione del ministro Roberta Pinotti.
E qui la faccenda si fa talmente curiosa che ha attirato le perplessità della stessa commissione Bilancio della Camera: un mese fa per il decreto P.A. – ha detto il relatore Dario Parrini – il Tesoro “evidenziava che l’ulteriore accantonamento, o la riduzione degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili per l’anno 2014, stimato dalla relazione tecnica in soli 45 milioni di euro, avrebbe comportato l’elevato rischio di determinare la formazione di debiti fuori bilancio in relazione a spese difficilmente comprimibili, soprattutto in una fase già particolarmente avanzata della gestione”. E adesso? Niente più debiti fuori bilancio? Chiede Parrini. Assolutamente no, e lo sostiene il governo sulla scorta dell’autorevole parere della Ragioneria generale dello Stato depositato lunedì in Parlamento: “Data la straordinarietà di tale operazione e la sua limitazione all’anno corrente, si ritiene che non vi sia il rischio di formazione di debiti fuori bilancio”. Questa, parola per parola, l’inversione a U dei tecnici del Tesoro: 45 milioni del decreto P.A. erano una tragedia, 213 per le missioni militari una passeggiata di salute. Il sottosegretario Legnini, intanto, faceva sì con la testa.
FORSE È IL CASO di ricordare come andarono le cose tra la fine di luglio e inizio agosto, perché quel caso ha portato al sostanziale licenziamento pubblico di Carlo Cottarelli, oltre che al perpetuarsi di un’ingiustizia. La Camera, allora, decise di inserire nel decreto Madia un emendamento che permetteva ai “quota 96” – quattromila tra docenti e personale della scuola bloccati al lavoro da un errore formale della riforma Fornero nonostante avessero i titoli per andare in pensione – di lasciare finalmente il lavoro: la spesa per il 2014 era appunto di 45 milioni di euro; la copertura erano risparmi da trovare in tutti i ministeri (non solo in quello della Difesa come ora) tramite la spending review.
Anatema. La Ragioneria generale inviò una nota in cui si definiva la norma “scoperta in termini di fabbisogno e indebitamento netto” e si paventava la creazione dei famosi “debiti fuori bilancio”. I tecnici della Rgs spiegarono che loro dovevano difendere la riforma Fornero: si inizia con i “quota 96” della scuola – dissero ai deputati – e poi arrivano i ferrovieri e alla fine smontate la legge sulle pensioni (che, peraltro, sarebbe una legittima prerogativa delle Camere, almeno finché esistono).
Non solo. Pure il commissario Cottarelli si diede fuoco sul suo blog: basta interventi del Parlamento sulla spending review e poi “la spesa per pensioni in Italia mi sembra già abbastanza elevata e la riforma era volta a contenerne la crescita”. Sui giornali, poi, lasciò trapelare di essere a un passo dalle dimissioni. Sembrava un attacco al governo – visto che il ministro Madia aveva autorizzato la norma – e Renzi non la prese bene: “Io non so quel che farà Cottarelli, ma la revisione della spesa la faremo anche senza di lui”. Da allora la poltrona del commissario è sostanzialmente vacante, ma il risultato fu portato a casa: nel passaggio in Senato il governo cancellò la norma e così lunedì i “quota 96” iniziano l’ennesimo anno scolastico della loro vita. Peccato per loro che, durante le vacanze, alla Ragioneria generale abbiano cambiato idea sui “debiti fuori bilancio”.
Da il Fatto Quotidiano del 11 Settembre 2014
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