
20/05/2025 – Nel corso dell’ultima breve crisi tra India e Pakistan (concretamente: una serie di bombardamenti, lanci di missili e attacchi con droni reciproci durati in tutto quattro giorni) la Turchia è stata tra i pochi paesi a esprimere un sostegno esplicito al Pakistan. I due paesi si sono del resto molto avvicinati negli ultimi anni, soprattutto grazie ad accordi commerciali nel settore delle armi. Questa presa di posizione dunque non era inattesa, ma ha comunque provocato un netto raffreddamento dei rapporti tra Turchia e India, già non particolarmente buoni: ora stanno sfociando in una serie di iniziative, sia governative che di privati, mirate deliberatamente a colpire l’economia turca.
La prima e più concreta riguarda il settore dei voli commerciali. Giovedì scorso l’India ha revocato l’autorizzazione a operare sul proprio territorio alla Celebi Airport Services, una società turca che si occupa di servizi di assistenza a terra in nove aeroporti indiani, tra cui anche i grandi scali di New Delhi e Mumbai. Il governo ha citato motivi di sicurezza nazionale, ma secondo l’azienda le ragioni sono «vaghe» e non circostanziate. Venerdì Celebi ha avviato un’azione legale contro la decisione del governo indiano, chiedendo all’Alta Corte di Delhi di annullarla e adducendo come motivazione anche la tutela di oltre 3.700 posti di lavoro in India.
Secondo alcune fonti dell’agenzia di stampa britannica Reuters, inoltre, la compagnia aerea Air India starebbe facendo pressioni sul governo indiano affinché interrompa la collaborazione tra IndiGo, una compagnia aerea low-cost sua concorrente, e Turkish Airlines, la compagnia di bandiera turca. L’accordo prevede il leasing di aerei e la fornitura di piloti turchi, ma secondo Air India favorirebbe la Turchia a scapito dell’aviazione civile indiana. L’intesa viene rinnovata ogni sei mesi con l’approvazione del governo: la prossima scadenza è il 31 maggio, IndiGo ha già fatto richiesta per un’estensione e il governo indiano deve ancora dire la sua.
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Nel paese poi sono state avviate più generiche e ampie campagne di boicottaggio, sostenute e diffuse sui social anche da politici del Bharatiya Janata Party (BJP), il partito del primo ministro Narendra Modi. È il caso dell’ex ministro Rajeev Chandrasekhar, il quale ha inviato a evitare il ricorso alle compagnie aeree turche con la motivazione che «le rupie guadagnate con fatica non dovrebbero essere spese per coloro che aiutano i nemici del nostro paese».
Il sito web di prenotazioni viaggi MakeMyTrip sostiene che l’effetto di questi appelli sia stato immediato: le prenotazioni di vacanze in Turchia (e in Azerbaigian, che insieme alla Cina è stato uno dei tre paesi che hanno appoggiato il Pakistan) sono diminuite del 60 per cento, mentre le cancellazioni sono aumentate del 250 per cento. Negli ultimi anni tra i turisti indiani la Turchia era diventata piuttosto popolare, più economica e vicina di altri paesi europei. Sul totale dei turisti che arrivano nel paese, però, le persone provenienti dall’India rappresentano comunque una percentuale minima, inferiore all’1 per cento: è quindi probabile che la campagna di boicottaggio non avrà grosse conseguenze sull’economia turca.
Ci sono poi alcune iniziative sul settore dell’istruzione: negli ultimi giorni una decina di università indiane, tra cui la Jawaharlal Nehru di New Delhi, e l’Indian Institute of Technology di Mumbai, hanno sospeso i rapporti accademici con quelle turche. Non è una decisione simbolica: significa per esempio che sono interrotti gli scambi tra studenti e le collaborazioni nell’ambito della ricerca. – [FONTE]