24/08/2017 – Almeno 20 miliardi in più da trovare, rispetto a quelli previsti nell’ultima legge di Bilancio del governo Renzi, solo per mettere in sicurezza gli edifici a maggior rischio sismico nei Comuni più esposti. E un grande assente, il fascicolo del fabbricato: una sorta di “cartella clinica” con tutte le informazioni su come è stato costruito l’immobile, quali modifiche ha subìto e quanto, di conseguenza, è in grado di resistere a un sisma. Secondo architetti, geologi e ingegneri è indispensabile per un serio progetto di prevenzione. Ma per i proprietari avrebbe un costo e, visto che l’80% degli italiani ha una casa di proprietà, renderlo obbligatorio sarebbe impopolare. Dunque non se n’è fatto nulla. A un anno dal terremoto di Amatrice e a poche ore da quello di Ischia, tutti i nodi del piano Casa Italia per la messa in sicurezza del territorio, lanciato dall’ex premier Matteo Renzi il 25 agosto 2016, vengono al pettine. Forse per questo il segretario Pd, in un tweet sull’ultimo sisma, ha scritto che bisogna “correre di più su #CasaItalia”.
Il rapporto di Casa Italia: per mettere in sicurezza 648 Comuni servono 25 miliardi – Per quanto riguarda i soldi messi sul piatto, a certificare che i conti non tornano è la stessa struttura di missione creata dal precedente governo, che all’inizio di agosto è diventata un nuovo dipartimento di Palazzo Chigi. A giugno i 17 esperti guidati dal rettore del Politecnico Giovanni Azzone, chiamato a guidare Casa Italia fino alla nascita del dipartimento, hanno presentato al premier Paolo Gentiloni un corposo “Rapporto sulla promozione della sicurezza dai rischi naturali del patrimonio abitativo”. Che quantifica in 25 miliardi lo stanziamento necessario solo per finanziare la riqualificazione antisismica degli edifici in muratura dei 648 Comuni a maggior rischio attraverso il sisma bonus per i lavori di adeguamento antisismico introdotto dall’ultima legge di Bilancio (50% di sgravio che sale al 70 o 80% se l’intervento riduce il rischio di una o due “classi”).
Ma la cifra stanziata dalla manovra è ben più bassa: a coprire i mancati introiti fiscali sarà il Fondo per finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, ribattezzato “fondo Renzi“. Che sulla carta vale 47 miliardi, di cui però solo 1,9 effettivamente stanziati e gli altri tutti da trovare di qui al 2030. E Gentiloni, che a maggio ha firmato un primo decreto di riparto, ha anticipato che alla “messa in sicurezza” andranno “un totale di 8 miliardi“. Solo che quel capitolo comprende anche la sicurezza degli edifici pubblici e delle scuole nonché i fondi per polizia e vigili del fuoco. Anche se più della metà, 5 miliardi, fosse destinato a finanziare gli sgravi fiscali, mancherebbero all’appello 20 miliardi. Cifra comunque sottostimata: sempre stando al rapporto di Casa Italia, se si volesse intervenire su tutti gli edifici in calcestruzzo armato costruiti prima dell’entrata in vigore delle norme antisismiche servirebbero 46,4 miliardi. Mettere in sicurezza le case di tutti i Comuni italiani, infine, costerebbe addirittura 850 miliardi.
Il presidente degli ingegneri: “La priorità è il fascicolo del fabbricato. Ma ai proprietari non conviene” – “Che le risorse non siano sufficienti è evidente. Soprattutto se si pensa che ogni anno l’Italia spende in media 3 miliardi per far fronte alle conseguenze dei terremoti”, commenta Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri e coordinatore della Rete delle professioni tecniche (nove consigli nazionali tra cui quello degli architetti, dei geologi e degli ingegneri). “Ma per noi la priorità è il fascicolo del fabbricato, che non è stato reso obbligatorio nonostante lo chiediamo da tempo. Le associazioni dei grandi proprietari immobiliari (come Confedilizia, ndr) si oppongono perché non vogliono far emergere la situazione di sicurezza statica dei fabbricati”. E imporre ai proprietari di pagare per questa ulteriore certificazione sarebbe politicamente controproducente… “Ma parliamo di poche migliaia di euro per abitazione”, ribatte Zambrano. “Per un documento con informazioni che ti possono salvare la vita, dicendoti se è opportuno fare subito un intervento, e di quale portata, o si può aspettare”. Il fascicolo sarebbe infatti il punto di partenza per mappare la vulnerabilità del patrimonio edilizio e stabilire, su un arco di 20-30 anni, gli interventi prioritari. “Che a quel punto andrebbero resi obbligatori“.
Per i cantieri sperimentali 25 milioni. Nuove norme sulle costruzioni al palo -Il governo Renzi, esattamente come i precedenti, non ha voluto mettere la faccia sull’obbligo del fascicolo: anzi, nel 2014 ha impugnato con successo davanti alla Consulta la legge regionale della Puglia che lo imponeva. In compenso Casa Italia, racconta Zambrano, ha recepito la richiesta di avviare “almeno un’analisi speditiva, una forma di fascicolo del fabbricato semplificato, che con costi ridotti consenta di conoscere la pericolosità del fabbricato e programmare gli interventi a partire da dove c’è maggior rischio”. Riguarderà però solo 550mila edifici costruiti in muratura portante o in calcestruzzo armato prima del 1980. Quanto alla mappatura del territorio, insieme all’Istat è stato messo a punto un sito con la “mappa del rischio dei comuni italiani”, che però attualmente non dà informazioni sui singoli edifici. Quanto ai “cantieri sperimentali” di Casa Italia, che saranno avviati a Catania, Feltre, Foligno, Gorizia, Isernia, Piedimonte Matese, Potenza, Reggio Calabria, Sora e Sulmona, per tutti e 10 sono stati stanziati 25 milioni totali. Intanto, come ha ricordato martedì l’Ordine degli Ingegneri di Milano, da tre anni si attende la pubblicazione in Gazzetta ufficiale delle nuove Norme tecniche delle costruzioni civili, aggiornamento di quelle del 2008.
E gli incapienti non possono sfruttare il sisma bonus – L’ultimo nodo da risolvere, per gli ingegneri, è quello della concreta applicabilità del sisma bonus. Che finora è un’arma spuntata. “Ci sono diversi ostacoli”, spiega il presidente del Consiglio nazionale. “Per esempio gli incapienti (i 10 milioni di italiani che hanno un reddito talmente basso da non pagare l’Irpef, ndr) possono cedere il credito fiscale solo alle imprese a cui affidano i lavori, non alle banche. Ma se le imprese vengono subissate di cessioni di credito non hanno la liquidità per eseguire i lavori, per cui potranno accettarlo in pochi casi”. Così se in un condominio c’è una famiglia incapiente il rischio è che diventi impossibile deliberare l’intervento. E 14 milioni di nuclei familiari italiani, sui 20 milioni che hanno casa di proprietà, vivono nei condomini. – FONTE
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