Stipendi per i supermanager sempre in crescita, Marchionne al top

Crescono gli stipendi per i super manager delle società quotate a Piazza Affari: i cento superdirigenti più pagati nel corso del 2012 hanno guadagnato 402 milioni di euro lordi, in rialzo del 14 per cento (50 milioni) rispetto al 2011, quando l’asticella si fermò a 352 milioni. Il trend sembra avere una certa costanza, visto che anche dal 2010 al 2011 vi fu un aumento da circa 50 milioni della torta che i 100 super manager più pagati si spartiscono. In media i top 100 guadagnano 4 milioni a testa, 3,6 milioni se si esclude il faraonico (almeno per i parametri italiani) stipendio di Sergio Marchionne. 
Il manager più pagato è infatti l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che ha portato a casa 47,9 milioni di euro prima del pagamento delle tasse. Insieme a lui sul podio troviamo Luigi Francavilla, vicepresidente di Luxottica (presente con altri tre manager in top 10), il quale è però distante quasi 20 milioni da Marchionne, fermandosi a quota 28,8. Federico Marchetti, presidente e Ceo di Yoox, conquista la medaglia di bronzo con appena 22,6 milioni. Nel conto sono compresi non solo gli stipendi “puri”, ma anche bonus, buoneuscite, stock option e stock grant, ovvero le azioni assegnate a titolo gratuito nel corso dell’anno. Lo stipendio base di Marchionne, per esempio, è aumentato del 48 per cento fino a toccare i 7,16 milioni di euro lordi, ma il grosso dei guadagni arriva invece dalle azioni, visto che gli sono state assegnate gratuitamente quote di capitale per un totale di ben 40,7 milioni di euro. 
Non male per un super dirigente che è riuscito a migliorare i conti finanziari del gruppo (soprattutto grazie a Chrysler), ma che comunque appare in sofferenza quando si tratta di vendere macchine, visto che le quote di mercato, sia in Europa che in Italia, sono in calo da diversi anni. Discorso simile anche per Luigi Francavilla, che ha guadagnato appena 800 mila euro se togliamo dal conto i 28 milioni di stock option e stock grant. Il conto totale, tuttavia, è più elevato, visto che non sono compresi anche i benefici non monetario concessi ai supermanager, come la pensione integrativa, le polizze sanitarie, le case e le automobili messe a disposizione (e pagate) dall’azienda. Si tratta di voci minori, ma certamente non sono da buttar via, poiché possono anche arrivare a sfiorare il mezzo milione di euro, come nel caso del presidente di Telecom Italia Franco Bernabè. La crisi, insomma, non sembra avere per nulla intaccato gli assegni che vengono corrisposti ai super dirigenti delle imprese italiane, nonostante l’Italia sia ormai nel suo sesto anno di crisi e il prodotto interno lordo si sia ridotto di ben oltre il 7 per cento.(Fonte)