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Maxifrode nel commercio di carburanti: False fatturazioni per 600 milioni di euro

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25/09/2022 – Militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Vicenza hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Vicenza, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di n. 9 persone fisiche per il delitto di associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti e per i delitti continuati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e mediante altri artifici, omessa dichiarazione ai fini dell’ I.V.A.

L’ indagine è stata avviata in seguito ad una specifica analisi di rischio nel settore del commercio dei prodotti petroliferi sviluppata dai militari della Guardia di Finanza di Vicenza, con il coordinamento della locale Procura, anche attraverso l’esame di copiosa documentazione contabile e fiscale ed operazioni tecniche di intercettazione. Nella struttura della frode rivestiva importanza la disponibilità di due diversi depositi di carburante, 1 uno ubicato in Sossano – in uso dapprima ad una s.r.l. e, dopo la dismissione del patrimonio aziendale di quest’ ultima, rilevato in affitto dalla neo-costituita s.r.l. – e l’altro in Vilìadose, nella provincia di Rovigo.

L’ illecita attività si è sviluppata nel corso dell’ anno 2019 ed ha seguito due distinti sistemi di frode finalizzati all’ evasione dell’ I.V.A. sui carburanti – è stata accertata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un ammontare complessivo di circa 600 milioni di euro – consentendo agli acquirenti finali – le c.d. pompe bianche, stazioni di servizio “indipendenti” esterne al circuito delle maggiori compagnie di distribuzione di carburante – ed agli autori delle illecite condotte di conseguire ingenti profitti, alterando peraltro gli ordinari meccanismi della concorrenza e di regolazione del mercato.

I militari hanno dato esecuzione anche alle misure cautelari reali disposte dal G.I.P. del Tribunale di Vicenza – sequestro preventivo in via diretta a carico delle società coinvolte nella frode e per equivalente sui beni nella disponibilità degli indagati – per un ammontare complessivo di euro 99.178.938,59 quale illecito profitto dei reati oggetto di contestazione. Sono stati sottoposti al vincolo cautelare:

– nr. trentadue beni immobili, tra i quali:

– una villa con piscina sulle colline della Val di Cornia, in provincia di Livorno, ed una villa in Bressanone, entrambe fittiziamente intestate ad una società di diritto croato riconducile ad uno degli indagati ed amministrata da un prestanome;

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– una villa al Circeo, un ufficio in Roma ed altri immobili di pregio fittiziamente intestati ad una società di diritto statunitense con sede nel Delaware amministrata da una società cipriota riconducibile ad altro indagato;

– uno yacht di quattordici metri ormeggiato nel porto turistico di San Vincenzo, nella Maremma livornese, intestato anch’ esso a diversa società di diritto croato riferibile ad uno degli indagati;

– nr. tre autoveicoli

– disponibilità economiche giacenti su n. duecentocinquanta rapporti bancari/finanziari.

I dettagli dell’operazione sono esplicati nel comunicato stampa in allegato redatto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza inerente all’operazione in oggetto in data 22 settembre 2022. – [FONTE]

Evasione fiscale da 12 milioni e mezzo di euro, nei guai due imprenditori e una società di trasporti

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09/08/2022 – Nei giorni scorsi, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno eseguito, su ordinanza del G.I.P., un sequestro preventivo – diretto e per equivalente – nei confronti di due imprenditori e di una società di trasporti vicentina per reati tributari (omessa dichiarazione e omesso versamento di ritenute previdenziali e di IVA) e bancarotta fraudolenta, richiesto dalla Procura della Repubblica berica che ha coordinato le attività investigative.

Si tratta dell’epilogo di una operazione avviata in precedenza allorquando gli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Vicenza, attraverso un’approfondita analisi di rischio nel settore dei trasporti su strada, avevano individuato una SPA vicentina, aggiudicatrice di grossi appalti nel settore dei delivering services, che aveva realizzato, attraverso due cooperative e cinque SRL (con sedi fittizie a Salerno, Roma, Milano, Piacenza e Vicenza), un articolato sistema fraudolento finalizzato alla somministrazione illecita di manodopera.

In tale tipologia di frode tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro subordinato (versamento dei contributi, ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente) vengono fittiziamente trasferite in capo ad un soggetto diverso dall’effettivo datore di lavoro, attraverso l’interposizione, tra il reale datore di lavoro (utilizzatore: la SPA) e il lavoratore dipendente, di un terzo soggetto (imprese di somministrazione: le SRL e le cooperative), che assolve, solo cartolarmente alle funzioni proprie del datore di lavoro e che non possiede i requisiti previsti per l’esercizio legittimo dell’attività delle agenzie di somministrazione.

Grazie alla sistematica emissione di fatture per servizi inesistenti, da parte delle imprese formalmente somministratrici di manodopera, la SPA vicentina ha artificiosamente contenuto i costi del personale, risparmiando sui contributi ed abbattendo l’IVA, riuscendo – in spregio alle regole della libera concorrenza – ad aggiudicarsi commesse da società di rilievo nazionale ed internazionale (queste ultime estranee ed inconsapevoli di tale sistema di frode).

La società vicentina, così come le altre facenti parte del medesimo disegno criminoso, è risultata amministrata formalmente da un prestanome ma di fatto gestita da un imprenditore campano, emerso in pregresse indagini quale soggetto verosimilmente contiguo alla criminalità organizzata.

Le altre società o cooperative sono state attivate, nel tempo, con l’obiettivo di restare operative in media tre anni, per poi essere successivamente rese inattive e sostituite dalle altre neocostituite e nelle quali venivano trasferiti i dipendenti.

Si tratta, come detto, di fittizie imprese di somministrazione che presentavano, esteriormente, i caratteri tipici delle società cartiere, quali l’assenza di struttura organizzativa, la devoluzione delle funzioni amministrative e di rappresentanza legale a soggetti prestanome e il mancato rispetto degli obblighi di dichiarazione e versamento delle imposte.

All’esito delle investigazioni, le Fiamme Gialle vicentine hanno ricostruito un’evasione, per le annualità dal 2017 al 2019, di oltre 12,5 milioni di euro, di cui 7 milioni di IVA evasa a seguito di omessa dichiarazione, circa 3 milioni di IVA non versata e di 2,5 milioni di ritenute non versate.

Sulla scorta degli elementi indiziari raccolti, che dovranno poi trovare conferma in sede dibattimentale, l’imprenditore campano amministratore di fatto anche della SPA nonché il rappresentante legale, parimenti di origine campana, dell’unica SRL con sede a Vicenza sono stati denunciati alla locale Procura della Repubblica per i reati di omessa dichiarazione e omesso versamento di ritenute e di IVA. Atteso poi lo stato di decozione di una delle imprese utilizzate per la somministrazione di manodopera, la citata SRL vicentina con sede coincidente con la SPA utilizzatrice della manodopera, l’A.G. berica ha richiesto ed ottenuto a marzo del 2022 la dichiarazione di fallimento della SRL, motivo per il quale i due indagati sono stati deferiti anche per il reato di bancarotta fraudolenta, avendo causato, per effetto del reiterato omesso pagamento delle imposte, il dissesto della società dagli stessi amministrata.

È stato, infine, eseguito nei giorni scorsi un provvedimento di sequestro preventivo volto all’apprensione, in via diretta o per equivalente, delle disponibilità e dei beni posseduti dalla società coinvolta e dai due indagati, sino alla concorrenza di € 12.759.945, con cui sono stati sottoposti al vincolo cautelare 19 immobili, 28 terreni, diversi autoveicoli, quote societarie, nonché disponibilità finanziarie e liquidità collocata su oltre 70 rapporti finanziari.

L’attività posta in essere si incardina nel consolidato indirizzo del Corpo volto all’aggressione delle forme di evasione connotate da maggiore pericolosità, nei cui confronti viene indirizzata l’azione ispettiva delle Fiamme Gialle vicentine al fine non soltanto di pervenire al recupero di imposte evase fondamentali per garantire i servizi dello Stato verso la collettività, ma anche per contrastare le più insidiose forme di concorrenza sleale che possono minare il tessuto economico locale in danno della stragrande maggioranza di imprese sane insistenti nella provincia berica.

Si rappresenta che la misura cautelare sopra descritta è stata adottata su ordine dell’Autorità Giudiziaria e che, comunque, per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza della persona sottoposta ad indagine in relazione alla vicenda sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna. – [FONTE]
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Codacons: 70mila attacchi, patentino obbligatorio per certe razze di cani

09/05/2019 – Un pitbull ha aggredito nella giornata di ieri due sorelline di 18 mesi e 12 anni, ferendo in modo grave la più piccola. L’episodio è avvenuto ieri in tarda serata in una villetta di Santhià, in provincia di Vercelli. Il cane, che vive con la famiglia, ha attaccato all’improvviso le due bimbe, morsicandole in più parti del corpo. Ad avere la peggio la sorellina di un anno e mezzo, trasportata con l’elisoccorso in codice rosso all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino. Meno grave l’altra bimba, che ha riportato ferite più lievi ed è stata portata in ospedale a Vercelli. La bambina di 18 mesi ha riportato profonde ferite al volto. La piccola, intubata, è ricoverata nel reparto di rianimazione . Durante la notte è stata operata dai chirurghi plastici e maxillo-facciali. La sorella di 12 anni, trasportata dal 118 all’ospedale di Vercelli, ha riportato ferite a un braccio e a un labbro.

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Sempre ieri una 85enne di Mondragone, in provincia di Caserta, è in gravi condizioni dopo essere stata aggredita da due pitbull di proprietà della nipote. La donna, ricoverata d’urgenza al pronto soccorso, ha riportato profonde ferite alla testa e a un braccio. Altre tre persone, intervenute in soccorso dell’anziana, sono state costrette a cure mediche. I due cani sono stati affidati al personale Asl del servizio veterinario.

Codacons: 70mila le aggressioni, patentino obbligatorio per chi possiede alcuni tipi di cani. In Italia si registrano ogni anno 70mila casi di aggressioni all’uomo da parte di cani: lo rende noto il Codacons che fa riferimento all’ultimo episodio registrato nel vercellese, dove due bambine sono state azzannate da un pitbull. «Al di là del caso specifico e delle dinamiche che hanno causato l’aggressione, è indubbio che esistano razze di cani potenzialmente pericolose per l’uomo – afferma il Codacons -. Indipendentemente dall’ educazione che si dà al proprio animale, è universalmente riconosciuto che esistono razze, come i pitbull o i rottweiler, che per le loro caratteristiche (potenza, robustezza, dentatura) possono provocare ferite letali in caso di morsicatura. Per questo motivo – prosegue l’associazione – chiediamo da tempo un patentino obbligatorio per chi possiede cani particolarmente potenti e potenzialmente pericolosi. Il morso di un volpino, infatti, non causa certo le stesse ferite del morso di un rottweiler o di un pitbull. L’ aver eliminato la lista delle 17 razze di cani a rischio introdotte dall’ ex Ministro Sirchia ha di fatto cancellato qualsiasi obbligo per i loro proprietari, con conseguenze negative sul fronte della sicurezza, e ha portato ad un aumento di attacchi».
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L’ex boss sui mostri nel sottosuolo: «Mafie al soldo di imprenditori con la complicità dei politici»

03/04/2019 – Sotto l’oasi di Casale la situazione sarebbe molto più preoccupante di quanto le autorità non abbiano rilevato. Nel sottosuolo di quel sito alle porte di Vicenza sarebbe stato «sepolto di tutto». Di Più, lo stesso sarebbe avvenuto nei campi agricoli di Torri di Quartesolo a ridosso di via Zanella in prossimità della A4. Lo sostiene l’ex boss della camorra Nunzio Perrella che a favor di telecamera ha rivelato alcuni dettagli «inquietanti» durante un reportage realizzato da Vicenzatoday.it.

IL PERSONAGGIO. Perrella fece scalpore lo scorso anno quando collaborando con la testata Fanpage.it parlò dei traffici di rifiuti presenti e passati «che ancorano ammorbano l’Italia», specie quella del Nord: Lombardo-Veneto e Nordest in primis. Pochi mesi fa Perrella tornò a fare notizia, anche dopo la pubblicazione del libro «Bloody money» quando riprese a parlare dei rifiuti nocivi seppelliti nel Nord tra Emilia, Lombardia e Veneto. Da quando l’ex boss, che ha scontato una ventina d’anni in carcere e che spesso si lamenta delle istituzioni perché non avrebbero la volontà di andare a fondo rispetto ai particolari che ha deciso di rivelare, ha ripreso a parlare dei veleni occultati «in tutta l’Italia», non ha mai smesso di ribadire un concetto «molto chiaro»: poco di quello che è stato seppellito dalla criminalità organizzata «è stato raccontato ad una opinione pubblica che avrebbe il diritto di sapere». Ed ora da questo fiume carsico emerge una storia che punta dritto sul capoluogo berico e la sua cintura. Che in passato era stato appena appena sfiorato dal racconto di Perrella.

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UN CASO VICENTINO
Rispetto all’Oasi di Casale Perrella spiega che si tratta di una «ex discarica che ha ricevuto rifiuti di ogni tipo da tutto il Veneto» rispetto ad un sottosuolo, falde incluse che è tutto avvelenato. E lo stesso vale, sostiene il pentito, anche per alcuni campi agricoli vicini. In questo senso però le parole di Perrella cozzano con i toni decisamente meno preoccupati dell’assessore all’ecologia del comune di Vicenza Lucio Zoppello, il quale non più tardi del 22 gennaio 2019 proprio in relazione allo stato di salute dell’Oasi comunale, si affidò ad una lunga nota nella quale si faceva presente che «dalla documentazione presentata in comune non risultano elementi di criticità tali da far avviare un procedimento per la bonifica del sito».

Nella sostanza, questo il pensiero dell’assessore, «la situazione non è dissimile da quanto già emerso in passato, cioè che l’area è stata oggetto di conferimento di rifiuti negli anni ‘70, prima cioè della normativa che ha portato alla nascita delle discariche. Si tratta comunque di inerti e residui di demolizione edilizia, niente, quindi, di nocivo o tossico o pericoloso per la salute delle persone».

Il riferimento di Zoppello è ad un rapporto del Noe il quale con il supporto di una ditta specializzata aveva proceduto con alcuni scavi, realizzati il 15, il 16 ed il 17 ottobre del 2018, pensati per sondare la salubrità del terreno. I campioni raccolti dai militari furono poi analizzati da Arpav. Questo insieme di informazioni fu poco dopo vagliato da un tavolo ad hoc composto da tecnici di Arpav, Provincia di Vicenza e Comune di Vicenza il quale evidenziò una serie di profili «non critici» di cui nel gennaio di quest’anno diede conto appunto Zoppello. Peraltro questa attività di caratterizzazione fu ordinata dalla Procura della repubblica di Vicenza a seguito delle ripetute segnalazioni giunte da più parti rispetto ad una asserita pericolosità di quei suoli. Basti pensare alle battaglie condotte fino ai primissimi anni duemila da Giuseppe Romio e dal suo comitato che da almeno un trentennio chiede la verità sulla situazione del sottosuolo di Casale.

LA DENUNCIA
E quindi questo scenario poco preoccupante come si concilia con il j’accuse di Perrella? «Davanti ad un magistrato e davanti ai tecnici di Comune, provincia e Arpav – spiega quest’ultimo – io sono disponibile ad entrare nell’oasi di Casale e spiegare per filo e per segno chi ha portato cosa e dove il tutto è sepolto». Detto in altri termini l’ex boss, che spiega di avere una conoscenza diretta di quanto accaduto a Casale anni fa in quella che oggi è un oasi naturalistica gestita dal Wwf, lancia una vera e propria sfida alle istituzioni beriche e si dice pronto a portare gli investigatori nei luoghi in cui gli inquinanti sarebbero davvero presenti in concentrazioni e in quantità più allarmanti. Tuttavia Perrella va oltre e chiede che i campioni eventualmente acquisiti siano analizzati da tre soggetti differenti: l’autorità giudiziaria, le agenzie riferibili alla Regione o agli enti locali, mentre la controprova spetterebbe allo stesso Perrella che si dice pronto ad ingaggiare i suoi consulenti.

IL TABÙ
Ad ogni modo e parlando più in generale, nello snocciolare il suo racconto Perrella pur non minimizzando le responsabilità delle mafie, spiega che alla base della presenza in tutto il Paese di un inquinamento diffuso, ci sarebbe in primis «la responsabilità degli imprenditori» che non disdegnerebbero di affidarsi «a trafficanti di rifiuti senza scrupoli» che però possono agire perché la politica, in una con le amministrazioni, permetterebbe «questo andazzo. Il tutto mentre la magistratura spesso sembra dormire».

Perrella identifica quindi una vera e propria piramide gerarchica, «che è il vero tabù che nessuno vuole considerare». Una piramide che vede al primo posto l’industria ed appena un gradino sotto la politica. Sono queste due categorie che poi si servirebbero di un terzo livello più in basso, quello della criminalità, la quale «mette a disposizione» uomini, mezzi e fedine penali: si tratta delle ecomafie vere e proprie, le quali in ultima chiudono un circolo vizioso che «alla lunga colpisce più o meno indistintamente tutta la popolazione». Chi scrive peraltro, in merito alle circostanze denunciate dall’ex boss, ha chiesto il punto di vista dell’assessore all’ambiente del comune di Vicenza Lucio Zoppello, dell’assessore all’ambiente del comune di Torri Federica Poli: e poi ai vertici della Provincia di Vicenza nonché ai vertici di Arpav. Ma almeno per il momento, non c’è stata alcuna risposta. – Vicenzatoday.it
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SALVINI E DI MAIO CON I RISPARMIATORI: «DECRETI E SOLDI IN SETTIMANA» [VIDEO]

10/02/2019 – Migliaia di risparmiatori, tantissimi anche da Treviso, stamane a Vicenza per l’incontro tra i vice premier Salvini e Di Maio con i risparmiatori traditi di BPVI e Veneto Banca. Dal governo l’annuncio : i risarcimenti a brevissimo.
– Intervistati: MATTEO SALVINI (Vice Presidente del Consiglio), LUIGI DI MAIO (Vice Presidente del Consiglio), LUCA ZAIA (Presidente Regione Veneto ) – Servizio Nicola Zanetti, immagini Daniele Garbin, montaggio Alberto Piovesan – Segui Antennatre anche sul digitale terrestre! Visita il sito www.antennatre.it per ulteriori informazioni.

Se il ministro Tria sbotta, Luigi Di Maio tira dritto su Bankitalia: “Chiediamo discontinuità e quindi non possiamo confermare le stesse persone che sono state nel direttorio di Bankitalia nel periodo in cui è successo quello per cui è oggi qui questa gente”, ha detto il vicepremier M5S incontrando a Vicenza i truffati delle banche venete.

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Una linea che sembra convincere anche l’altro vicepremier, Matteo Salvini: “Siamo qua perché chi doveva controllare non ha controllato”, ha aggiunto arrivando anche lui all’assemblea dei risparmatori della BpVi, “La Banca d’Italia e Consob andrebbero azzerati e si offendono se cambiamo uno o due tizi. Azzerati. Dov’erano questi signori mentre questi mangiavano?”.

Per quanto riguarda il crac della banche venete, i due vicepremier hanno assicurato che i risarcimenti arriveranno presto, nonostante il malumore di Bruxelles, “Sento dire che questa cosa del fondo per i risparmiatori all’Europa non andrebbe bene”, ha spiegato Salvini, “Se all’Europa va bene, d’accordo, se all’Europa non va bene, per noi va bene lo stesso, noi tiriamo diritto. Mi sembrava giusto essere qui: abbiamo messo in bilancio 1,5 miliardi e adesso si tratta di fare in modo che i risparmiatori li abbiamo rapidamente, sperando che da Bruxelles non arrivino rotture di scatole. Sono contento però che perché vedo che qui oggi tanta gente ha ripreso speranza”.

“Noi abbiamo messo in legge di bilancio a dicembre i soldi, siamo al 9 di febbraio e questa è la settimana in cui escono i decreti e si erogano i soldi”, ha assicurato poi Di Maio parlando dei risarcimenti, “Secondo me è giusto risarcire tutti perché queste persone sono state prese in giro per anni da una politica che non ha controllato, da istituzioni di controllo che non hanno vigilato e banche quindi è giusto risarcirli. Ma la battaglia è loro e loro l’hanno vinta. Noi facciamo soltanto il nostro dovere e sappiamo che ci sono resistenze da parte dell’Europa ma ce ne faremo una ragione, questa gente ha diritto a questi soldi e i soldi sono i loro”.

Partirà presto anche la commissione d’inchiesta sulle banche promessa dall’esecutivo: “Gianluigi Paragone sarà il presidente”, ha ricordato il ministro del Lavoro, “Li convochiamo tutti e iniziamo a farli cantare perché i conflitti di interesse nelle banche hanno spolpato i risparmiatori. Questo governo ha ascoltato i risparmiatori. Il miliardo e mezzo di euro lo abbiamo trovati e ci dicevano che non c’erano soldi. Questo per me non è tanto il merito del governo, ma la certificazione che ci avevano detto bugie fino al 4 marzo”. – [IlGiornale.it]
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Imprenditore trova 700 kg di cocaina in conceria dentro container di pelli per un valore di circa 80 milioni

02/12/2018 – Un container che non doveva arrivare in quel posto ma chissà dove. Si tratta di un container pieno di droga, si parla di quasi 700 chili di cocaina, per un valore stimato di almeno 80 milioni di euro che è stato sequestrato in queste ore presso una conceria a Zermeghedo in provincia di Vicenza. Il container è giunto nella ditta ma, sotto il normale carico di pellami, gli operati addetti allo scarico hanno trovato centinaia e centinaia di panetti di cocaina in cristalli. Chiamato il titolare, sono stati subito allertate le pattuglie delle forze dell’ordine di Vicenza. È il più grande sequestro di droga mai avvenuto nel Vicentino, e uno dei più ingenti anche d’Italia. Le indagini proseguono serrate con il massimo riserbo e si concentrano negli ambienti della criminalità organizzata.

Quasi settecento chili di cocaina nascosti sotto uno strato di pellame: è il carico, inaspettato, sorprendente, che un imprenditore conciario si è visto consegnare in ditta giovedì. Ma non era il container di pelli che si aspettava: lì c’erano 690 panetti da un chilo ciascuno di cocaina purissima. Partita a quanto pare dal Brasile e transitata per il Portogallo. Un vero tesoro illegale: una volta tagliata e immessa sul mercato la sostanza stupefacente avrebbe potuto valere anche 70-80 milioni di euro. Al titolare di conceria non è rimasto che chiamare i carabinieri della compagnia di Valdagno e avvisarli di quella consegna sbagliata. L’errore forse durante l’assegnazione del numero per i container in arrivo dal Brasile al Portogallo.

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Camionista e imprenditori estranei al fatto
Un carico, secondo gli investigatori, che sarebbe opera della criminalità organizzata, che avrebbe preso accordi con i narcos sudamericani. Ma chi ci sia effettivamente dietro il carico di record dovranno scoprirlo i carabinieri del Ros che stanno conducendo ora le indagini. Di certo il camionista che ha consegnato la merce è risultato estraneo al traffico internazionale di droga. E potrebbe non essere un caso che sia finito proprio nel Vicentino, in un’azienda del settore concia, visto che già in passato c’erano stati sequestri di pellame imbevuto di cocaina e visto che il Vicentino è terra di consumo di stupefacenti. [Corriere.it
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Batterio killer: controlli su 10mila pazienti operati al cuore tra il 2010 e il 2017

30/11/2018 – Sei morti in Veneto e altri due casi sono stati diagnosticati in Emilia-Romagna. Complessivamente risultano 18 le persone infettate per un batterio in sala operatoria. Parliamo del Mycobacterium chimaera identificato per la prima volta nel 2004. A riportare la notizia è Il Corriere della sera. Il batterio è diffuso soprattutto in natura nell’acqua potabile e generalmente non è pericoloso per la salute umana.

Mycobacterium chimaera: l’origine della vicenda
I pazienti infettati dal batterio risultano tutti reduci da un intervento cardiochirurgico, nel corso del quale sono entrati a contatto con le apparecchiature medicali contaminate. In effetti il Mycobacterium chimaera può diffondersi attraverso i dispositivi medicali inquinati e rappresenta una minaccia soprattutto per i pazienti sottoposti a operazioni chiurgiche complesse e invasive, ad esempio quelle cardiochirurgiche.
Ad accendere i riflettori sulla vicenda è stato Paolo Demo, l’anestesista vicentino deceduto il 2 novembre scorso. L’uomo ha contratto l’infezione due anni fa. Successivamente ha raccontato in un diario il decorso della malattia. Alla morte dell’uomo, l’avvocato della famiglia ha presentato un esposto alla Procura di Vicenza.

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Micobacterium chimaera: le cose da sapere
Marco Confalonieri, direttore della struttura complessa di pneumologia dell’Ospedale Universitario di Trieste, spiega che il rischio nasce nel caso di infezioni contratte in ospedale:

“Il batterio si può trasmettere attraverso dispositivi medicali inquinati e se contratto da pazienti fragili, sottoposti a interventi molto invasivi come quelli cardiochirurgici, può essere micidiale”.

Inoltre questo micobatterio può dare segnali mesi e persino anni dopo la contaminazione. In questo senso Confalonieri spiega che:

“I sintomi insorgono gradualmente, con febbre, tosse che diventa cronica e peggiora, stanchezza, sudorazione notturna e dimagramento: tutti segnali che si fanno più consistenti col tempo”.

L’infezione si diagnostica tramite un test molecolare specifico. Tuttavia trattandosi di una infezione molto rara, non è semplice individuarla in tempo utile. Riguardo alla terapia, si utilizza un mix di antibiotici da assumere per lunghi periodi di tempo. Tuttavia non sempre si riesce ad eradicare l’infezione, che presenta un tasso di mortalità del 50%.

Il Ministero della Salute, già alcuni mesi fa, nell’ambito del Piano Nazionale di contrasto dell’antibiotico-resistenza (PNCAR) 2017-2019, ha dato avvio a un’attività di valutazione del rischio per il nostro Paese allo scopo di emanare raccomandazioni specifiche.

Un noto medico anestesista vicentino è morto probabilmente per le conseguenze di un batterio killer contratto in sala operatoria mentre ad essere sul lettino per un intervento, era questa volta lui, VIDEO:
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Nigeriani, pacchia in hotel: minacce agli ispettori e proteste sul cibo (video)

16/11/2018 – Trentuno giovani nigeriani richiedenti asilo, ospitati all’hotel Adele di via Medici, hanno inscenato un sit in nel centro di Vicenza per protestare contro le condizioni in cui sono costretti a vivere nell’albergo a due stelle del centro cittadino. In più, lamentano la notifica dell’avvio della procedura per la revoca delle misure di accoglienza per le minacce subite da due funzionari durante un’ispezione. I migranti vogliono la carta d’identità e il codice fiscale per poter lavorare e si sono lamentati per il cibo, l’abbigliamento e i servizi igienici dentro l’albergo. n’occupazione basta l’ospitalità».

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Quell’ hotel al centro di varie vicende, diventato centro di accoglienza per i migranti arrivati coi barconi. Una situazione da sempre esplosiva vuoi per il numero di presenze vuoi per la vicinanza al centro storico. Questa mattina una 40 ina di loro ha inscenato una manifestazione davanti alla prefettura di Vicenza. La scintilla che avrebbe scatenato malessere e rabbia un foglio della prefettura che revoca per 6 di loro le misure di accoglienza.

Arrivano a Vicenza al centro di accoglienza credo di doverci rimanere per poco tempo ed invece la loro permanenza si allunga di giorno in giorno di mese in mese fino ad arrivare ad anni. C’è chi all’hotel Adele ci sta anche 3 anni senza fare nulla. Solo appunto mangiare e dormire, dormire e mangiare e mangiare sempre e solo pasta Loro vogliono andare a scuola, ci dicono, lavorare, qualcuno ha anche il curriculum pronto e ce lo sbandiera ma serve la residenza, serve il codice fiscale e nessuno ce l’ha non sanno a chi chiedere, come chiedere. Alla fine lasciano la Prefettura attraversano rumorosamente la via dello struscio, Corso Palladio sotto gli occhi attoniti dei passanti [RETEVENETA.IT]
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Protesta migranti «Da due anni viviamo in hotel»: “cibo non buono, e vogliamo codice fiscale”

08/11/2018 – Hanno deciso di far sentire la propria voce nel giorno in cui sei di loro hanno ricevuto la notifica dell’avvio della procedura per la revoca delle misure di accoglienza per le minacce subite da due funzionari durante un’ispezione. Trentuno giovani richiedenti asilo, di nazionalità nigeriana e ospitati all’hotel Adele di via Medici, ieri mattina hanno inscenato una protesta pacifica davanti alla prefettura di contra’ Gazzolle.

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Controllati a vista dai poliziotti delle volanti e dai detective della Digos, i migranti hanno denunciato di essere alloggiati nella struttura gestita dalla cooperativa sociale Aurora ormai da due anni e hanno evidenziato una serie di problematiche: vogliono la carta d’identità e il codice fiscale per poter lavorare e si sono lamentati per il cibo, l’abbigliamento e i servizi igienici dentro l’albergo. La cooperativa dal canto suo replica: «Tutto quello che deve essere fatto, viene fatto; per un’occupazione basta l’ospitalità». – [IlGiornaledi Vicenza.it]
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«Vogliamo Sky e l’aria condizionata»: la protesta dei migranti. Donazzan: rimandiamoli a casa

10/08/2018 – «Vogliamo Sky con le partite di calcio, l’aria condizionata, le carte d’identità». Sta destando scalpore a Vicenza la protesta di una quindicina di richiedenti asilo, andata in scena lunedì pomeriggio davanti alla questura di viale Mazzini a Vicenza. Tutti nordafricani, per lo più nigeriani, hanno inscenato un sit-in pacifico chiedendo risposte che secondo loro da parte della cooperativa sociale ospitante, la padovana Cosep, non c’erano state. Il presidio non ha bloccato l’ingresso e l’uscita di altre persone dalla questura, infatti nei confronti dei manifestanti non è stato preso alcun provvedimento. I migranti sono una parte di quelli ospitati in via Carducci a Vicenza, nelle strutture del centro culturale San Paolo.

Ricevuti da un funzionario di polizia, hanno rivolto principalmente due richieste: una velocizzazione della pratica per le carte d’identità e un miglioramento delle condizioni dell’ospitalità. Ma tra le richieste ci sarebbe appunto anche quella di avere Sky. Dalla Cosep, diretta dal presidente Daniele Sandonà, per ora non ci sono stati commenti. Mentre sul caso e nei confronti dei manifestanti si scatena la politica. Per l’eurodeputata Mara Bizzotto (capogruppo Lega a Bruxelles) «meritano di tornare in Africa di corsa». Critica anche l’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan: «Se ho un auspicio in questo governo è che cambi radicalmente la gestione di questa gente, rimandandola a casa».

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Le richieste: “Sky, aria condizionata in stanza e carta d’identità”
La notizia della protesta dei profughi è stata data da tutti i quotidiani locali e dai principali siti d’informazione di Vicenza. Ma è soprattutto la motivazione della protesta (tv satellitare e aria condizionata) che va a cozzare con l’identikit del profugo che viene qui per salvarsi la vita da condizioni disperate. E cozza anche con certi paralleli tra i nostri connazionali che andavano a lavorare in miniera in Belgio (vedi i nostri emigranti di Marcinelle) e i profughi che oggi affollano i nostri centri di accoglienza.

Bizzotto: “I profughi che vogliono Sky tornino in Africa”
«I clandestini presunti profughi di Vicenza che protestano in Questura perché pretendono di avere Sky per vedere le partite di calcio, meritano di tornare in Africa di corsa – commenta Mara Bizzotto, capogruppo della Lega al Parlamento Europeo. Questi personaggi, tutti richiedenti asilo politico da anni (alcuni hanno persino presentato ricorso in tribunale dopo che la loro domanda è stata bocciata), devono capire che la pacchia è veramente finita e che possono tranquillamente tornare a casa loro senza nessuna possibilità di rimettere piede in Italia», ha dichiarato Richiedenti asilo vogliono Sky e protestano in questura, Bizzotto dice esplicitamente: «Tornino in Africa. Altro che proteste e manifestazioni: questa gente, che è mantenuta dallo Stato con colazione, pranzo e cena gratis, che non lavora e che passa le giornate a bighellonare, va rimpatriata il prima possibile – continua l’eurodeputata Bizzotto – Si è mai visto al mondo che chi scappa veramente dalla guerra protesti perché non vede le partite di calcio su Sky? Siamo seri: le sceneggiate di questi falsi profughi di Vicenza sono l’ennesima presa in giro verso milioni di italiani in difficoltà che non sanno come arrivare alla fine del mese e che mai si sognerebbero di protestare per avere l’abbonamento a Sky» – FONTE
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