Corruzione al tribunale di Catanzaro, la confessione del Giudice: “Soldi per le mie sentenze”

12/02/2020 – «Ammetto di aver ricevuto dazioni di denaro, beni e altre utilità». Sono le tre del pomeriggio del 31 gennaio quando l’ormai ex presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro M. P. inizia a parlare davanti al procuratore vicario di Salerno Luca Masini e al sostituto Vincenzo Senatore.

Da quando è stato arrestato, per corruzione in atti giudiziari, e trasferito in carcere sono passati 15 giorni. È lo stesso giudice a chiedere di potere ricevere la visita dei magistrati. Parlerà per oltre sei ore. I capi di imputazione contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare ne escono confermati, ma il giudice P. andrà anche oltre raccontando numerosi altri episodi.

Tanti da far ipotizzare l’esistenza di un vero e proprio sistema i cui contorni sono ancora tutti da definire. Prova ne sia che quel verbale si chiude con oltre sei pagine coperte da omissis.

Beni dissequestrati in cambio di soldi
«Gli episodi corruttivi li confermo tutti», spiega ancora il magistrato ai pubblici ministeri che nel racconto tira però in ballo anche periti compiacenti appositamente indicati da Emilio Santoro.

È il caso, ad esempio, del dissequestro dei beni di Antonio Saraco e dei suoi familiari. «Il primo agosto 2018 il collegio feriale da me presieduto ha pronunciato un’ordinanza con la quale veniva disposto il parziale dissequestro di numerosi cespiti confiscati in primo grado dal Tribunale.

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In relazione alla suddetta ordinanza – conferma Petrini – in elezione alla quale mi designai quale relatore, ammetto di aver accettato la promessa di una cospicua somma di denaro e successivamente di averla effettivamente ricevuta in cambio della decisione favorevole all’accoglimento della richiesta di dissequestro di beni della famiglia Saraco.

La promessa mi venne fatta qualche mese prima dal commercialista che tempo addietro mi era stato presentato da Emilio Santoro quale perito da nominare nei procedimenti di prevenzione patrimoniale trattati tabellarmente dal collegio da me presieduto.

Poichè la sezione da me presieduta non era assegnataria nel processo in grado di Appello e non trattandosi di misura di prevenzione per la quale sarei stato competente io, suggerii che l’istanza di restituzione dei beni venisse depositata in periodo feriale in quanto io solitamente presiedevo quella sezione». La “transazione” favorevole fruttò al giudice 10mila euro consegnati in contanti da Emilio Santoro e dal commercialista – il cui nome è omissato – nell’androne di casa del giudice a Lamezia Terme.

Sentenze “pagate” con esami radiologici e olio
E nella rete corruttiva di sentenze addomesticate non c’erano solo professionisti frequentatori dei Palazzi di Giustizia ma anche medici radiologi che hanno chiesto al magistrato di riservare un occhio di favore a procedimenti tributari, in cambio prestazioni sanitarie fornite gratuitamente alla moglie di Petrini: «Ammetto che A.C. mi chiese di verificare la situazione delle due controversie tributarie relative ai ricorsi presentati. Nella circostanza mi chiese se potevo favorirlo, i ricorsi di A.C. e della moglie sono stati da me trattati anche come presidente della prima sezione e trattenuti in riserva. In cambio della disponibilità all’accoglimento dei ricorsi A.C. mi ha favorito erogandomi esami radiologici cui periodicamente si sottoponeva mia moglie».

E le confessioni non si esauriscono qui, prima di un largo omissis il magistrato conferma di aver ricevuto dal radiologo rilevanti quantitativi di olio d’oliva «dal 2016 in poi provenienti dalle campagne di sua proprietà. Ammetto altresì che in relazione ai ricorsi tributari A.C. mi promise all’esito dell’accoglimento di corrispondermi somme di denaro di cui però non fu mai quantificato l’ammontare».- [L’artic. Completo su FONTE]
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