Appalti e tangenti, “Il complimento come ce lo devo fare?”: Processo a sindaco di S. Lorenzo e a capo ufficio tecnico
20/04/2017 – Un colloquio zeppo di termini dialettali: da un lato Conti e la sua ansia di sapere, visto che a lui avrebbero “chiesto 60-70mila euro, quanto aveva cacciato” Foschini per i lavori avuti; dall’altro il “muratore” che allo stupore espresso per quelle parole ascoltate dal suo interlocutore aveva abbinato alcune frasi che, secondo gli inquirenti, hanno un peso considerevole.
Perchè rappresenterebbero la conferma dell’ipotesi della dazione di denaro come ‘card’ per ottenere gli appalti. “Cosa? Io lavoro e poi porto i soldi al sindaco. Ma è mai possibile?”, ha ribadito Foschini, escludendo, dunque, di averlo mai fatto. Spiegando il senso di un’espressione – “il complimento come ce lo devo fare?”- spuntata in quella occasione. “Per me- ha aggiunto, sollecitato anche dai difensori (gli avvocati Roberto Prozzo, Claudio Sgambato e Giuseppe Cerulo) – significa fare qualcosa di extra in un lavoro, come è successo con la casa municipale del mio paese, dove ho realizzato un muro gratuitamente”. Un intervento – ha poi puntualizzato su domanda dell’avvocato Di Santo – per il quale si era avvalso, per gli infissi, della ditta in cui è socio con Angelo Di Libero, direttore dei lavori ‘incriminati’ nell’area Pip, comparso in Tribunale, come testimone, una settimana fa.
Questa mattina si è invece seduto dinanzi al collegio giudicante il fratello Francesco, appuntato della guardia di finanza e presidente del Consiglio comunale di San Lorenzo Maggiore. Un incarico, quest’ultimo, che svolge per la seconda volta, dopo quelli di consigliere, anche di opposizione, ed assessore. Di Libero ha affermato di essere venuto a conoscenza dell’inchiesta, e degli sviluppi che avrebbe avuto, “a fine agosto del 2015, quando una persona di un certo spessore – un docente che alcuni mesi prima si era candidato nella lista avversa alla nostra – mi avvicinò e mi disse che ci sarebbero stati gli arresti. Restai di stucco, ne parlai con De Libero e il vicesindaco Mei…”. Il militare ha evidenziato “i rapporti non buoni” con Conti, che però “non aveva mai creato problemi quando aveva lavorato per il Comune”, ed ha ricordato “che dopo aver visto il video con il passaggio dei soldi da Conti a De Libero, Mei mi aveva confidato che Conti, che stava facendo dei lavori per l’azienda del suocero di De Libero, aveva avuto un prestito…”. Infine, ha escluso irregolarità e tangenti sugli appalti. “Mai saputo alcunchè, altrimenti l’avrei immediatamente denunciato”.
Oggi era in programma anche l’esame dei due imputati, che non hanno accettato di sottoporsi allo stesso. Probabili le loro dichiarazioni spontanee al termine del dibattimento, previsto il 4 maggio. L’8 giugno la requisitoria del Pm e le conclusioni della parte civile, il 15 giugno le arringhe della difesa, cui seguirà la sentenza. Leggi tutto su FONTE
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Soldi e regali in cambio di lavori, arrestato ex sindaco di Palagano e imprenditore
20/04/2017 – PALAGANO (MO) Soldi e vacanza di lusso: ecco le mazzette che Domenico Guigli, ex sindaco di Palagano e referente della società “Stradedil” e il geometra di Lama, Paolo Bertini, socio della “Crovetti Dante” di Pievepelago, corrispondevano all’ex capo di compartimento Anas Toscana Antonio Mazzeo, e all’ex capo servizio amministrativo Anas Toscana Roberto Troccoli, arrestati nel settembre 2015.
L’inchiesta della procura di Firenze ha portato all’esecuzione di otto misure cautelari ai domiciliari per altrettanti imprenditori che con Mazzeo e Troccoli hanno avuto rapporti. I carabinieri hanno eseguite numerose perquisizioni e iscritte nel registro degli indagati anche altre persone tra le quali un ex assessore della Regione Sicilia.
Stando alle indagini il 67enne Guigli e il 53enne Bertini non si conoscevano, o comunque non avevano affari in comune, ma sfruttavano un canale di corruzione ben oliato. Lo facevano con modalità diverse: molto più dentro l’ex sindaco di Palagano, più superficiale il manager dell’impresa edile di Pieve. I soldi nel formaggio Guigli, stando all’accusa, aveva un rapporto privilegiato con Roberto Troccoli. Lo dimostrerebbero gli appunti trovati in ufficio con i numeri di telefono riservati, ma anche i numerosi incontri annotati dai carabinieri e avvenuti tra Bologna e Firenze.
Il referente della “Stradedil” suggeriva a Troccoli anche i nomi delle aziende da invitare alle gare per aggiudicarsi i lavori in terra toscana e l’ex capo servizio amministrativo di Anas non si fa scrupoli, parlando ai magistrati, dicendo che “le procedure negoziate sono al 90% tutte falsate”. A fronte di uno specifico lavoro – la Straedil ha lavorato con Anas Toscana in numerose occasioni per un totale di circa otto milioni di euro di appalti – Guigli ha pagato 20mila euro di mazzette, che poi si sono divisi equamente Mazzeo e Troccoli. Curioso come una parte di quei soldi fosse stata consegnata dall’ex sindaco dentro una forma di parmigiano, tagliato appositamente.
La gara truccata Guigli è talmente tanto in confidenza con Troccoli, che riceve anche anticipazioni sulle offerte dei concorrenti.
In un caso, addirittura, ha anche l’opportunità di consegnare la sua nuova busta fuori tempo massimo, quando il tecnico Anas gli riferisce che un’altra azienda ha effettuato un ribasso d’asta di oltre il 30%. Il manager allora cambia la proposta che sale da una riduzione del 24,1% al 32% e che gli permette di vincere. Ovviamente, dicono gli investigatori, la nuova offerta arriva fuori tempo massimo, ma finisce trionfare. La vacanza sull’Abetone Diverso il discorso di Bertini: il geometra di Lama e socio della “Crovetti Dante” è accusato di aver pagato un soggiorno di Capodanno in un resort dell’Abetone a Mazzeo.
È il responsabile Anas che gli chiede lumi sull’hotel, Bertini si attiva, lo visita e paga: 2mila euro in contanti come anticipo della vacanza. Mazzeo non gli chiederà mai conto di quella operazione, anzi. In compenso proprio nel giorno del “regalo”, la Crovetti Dante si vede assegnare un lavoro da 28mila euro. Per i magistrati non è una coincidenza – FONTE
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Ivrea, sentenza senza precedenti: “L’uso eccessivo del cellulare provoca il tumore”, condannata l’Inail
20/04/2017 – “Per la prima volta al mondo una sentenza di primo grado ha riconosciuto un nesso causale tra l’uso prolungato del cellulare e il tumore al cervello”. Così gli avvocati torinesi Renato Ambrosio e Stefano Bertone hanno illustrato la sentenza emessa lo scorso 30 marzo dal giudice tribunale di Ivrea Luca Fadda. Protagonista della vicenda Roberto Romeo, un dipendente 57enne di una grande azienda a italiana che per 15 anni ha utilizzato per lavoro il telefonino senza precauzioni per più di tre ore al giorno al quale è stato diagnosticato nel 2010 un tumore benigno ma invalidante. Il Tribunale ha condannato l’Inail a corrispondere al lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale. Le motivazioni della sentenza di primo grado saranno rese note nei prossimi 50 giorni.
I rischi delle onde elettromagnetiche
“È una sentenza straordinariamente importante – commenta l’avvocato Bertone – perché il fatto che si riconosca la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dai cellulari è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche. Il telefono cellulare è un dispositivo tecnologico che emette onde elettromagnetiche ad altissima frequenza e ogni giorno più di 40 milioni di italiani lo utilizzano. Per questo è importante che tutti siano al corrente dei rischi che corrono loro stessi e coloro che hanno intorno. È, dunque, importante riflettere sul problema e adottare le giuste contromisure”.
“Non sento più dall’orecchio destro”
“Per 15 anni ho utilizzato 3-4 ore al giorno il cellulare, poi, nel 2010, mi sono accorto che avevo l’orecchio tappato . Sono andato dall’otorino e ho scoperto che non era l’orecchio tappato, ma un problema forse di attacco batterico. Ho fatto tutte le cure del caso ma neppure così è passato. Ho fatto quindi una risonanza magnetica da cui hanno scoperto che avevo un neurinoma nell’acustico all’orecchio destro”, racconta Roberto Romeo, 57 anni, dipendente di una grande azienda italiana, nello studio degli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone che hanno curato la causa che lo ha visto protagonista, racconta la sua esperienza, dopo che il Tribunale di Ivrea ha condannato l’Inail a corrispondergli una rendita vitalizia da malattia professionale. “Per fortuna si tratta di un tumore benigno – aggiunge il lavoratore – ma è invalidante, dato che dall’orecchio destro non sento più. Non voglio demonizzare l’uso del cellulare ma credo sia necessario farne un uso corretto e consapevole”.
Il tribunale di Ivrea accogliendo il ricorso ha dichiarato Romeo “affetto da una malattia professionale che ha comportato un danno biologico permanente del 23%” condannando appunto l’Inail a corrispondere al lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale.
Lo stato della ricerca scientifica
Un “gran numero di studi sono stati condotti negli ultimi vent’anni per capire se l’uso del telefonino rappresenta un rischio potenziale per la salute umana. Ma al momento non sono stati provati effetti avversi” provocati dall’impiego del cellulare. Lo ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità, precisando che gli studi finora hanno indagato gli effetti dei campi a radiofrequenza su attività elettrica del cervello, funzione cognitiva, sonno, battito cardiaco, pressione e tumori. L’Oms ricorda che il gruppo di esperti dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato nel 2011 i campi elettromagnetici a radiofrequenza quali “possibili cancerogeni” per l’uomo (gruppo 2B).
Il gruppo di lavoro – 31 scienziati di 14 Paesi – aveva concluso che l’analisi dell’uso dei telefoni cellulari per oltre 10 anni non aveva dimostrato un aumento del rischio di glioma o meningioma, ma per gli esperti Oms c’erano “alcune indicazioni di un aumento del rischio di glioma” per i super-utenti che stanno per ore e ore al giorno al telefonino. Le evidenze al momento disponibili, precisava la Iarc, sono limitate a queste due neoplasie. “Stiamo ancora indagando – puntualizzava all’epoca il coordinatore del comitato, Jonathan Samet della University of Southern California – Finora i dati sono sufficienti a classificare i campi elettromagnetici a radiofrequenza come agenti cancerogeni di gruppo 2B”, ossia “potenzialmente cancerogeni per l’uomo”. FONTE
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Operazione ragnatela: Corruzione e peculato, 15 arresti a Guidonia tra dirigenti comunali e imprenditori
20/04/2017 – Era una “cricca”, una “mafia bianca”, ognuno con un proprio ruolo, ciascuno con un raggio d’azione. Chi elargiva e chi prendevano soldi per fare il bello e il cattivo tempo a Palazzo Matteotti, ma ora è finita. Così all’alba di stamane la Guardia di Finanza di Roma ha eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di politici, dirigenti comunali e imprenditori di Guidonia Montecelio rimasti coinvolti nell’inchiesta denominata “Ragnatela”.
I finanzieri del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo 15 ordinanze di custodia cautelare (12 in carcere e 3 ai domiciliari) – emesse dal Gip del Tribunale su richiesta della Procura di Tivoli – e decine di perquisizioni a Roma e nel Lazio, nell’ambito di una complessa indagine condotta nei confronti di “un’organizzazione criminale radicata nel Comune di Guidonia Montecelio, dedita stabilmente e da lungo tempo alla perpetrazione di reati contro la pubblica amministrazione”.
I destinatari dei provvedimenti sono dirigenti e amministratori comunali, imprenditori e professionisti accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata a corruzione, peculato e falso. Tra questi anche l’ex vice sindaco Andrea De Palma, Ncd. Nell’operazione, denominata “Ragnatela”, sono stati impegnati oltre 160 uomini delle Fiamme gialle.
Tre episodi di passaggi di mazzette sono stati sorpresi nell’ambito dell’indagine. In particolare, sulla scorta di appositi monitoraggi dei soggetti indagati, gli investigatori sorprendevano presso il parcheggio di un centro commerciale, un dirigente comunale di Guidonia nell’atto di ricevere da un imprenditore edile affidatario di lavori pubblici, una busta contenente 3.700 euro in contanti. In altra occasione, presso un bar di Guidonia, il medesimo dirigente e un consigliere comunale ricevevano da un imprenditore operante nel settore dell’estrazione del travertino, un periodico con all’interno occultata una mazzetta di banconote che dopo l’intervento dei Finanzieri risultavano pari a 14.000 euro.
Quasi tutte le aree di competenza del Comune di Guidonia sono risultate coinvolte nei reati contestati, dai lavori pubblici all’urbanistica, dall’ambiente e decoro urbano alle risorse finanziarie, fino al trasporto pubblico locale. Proprio in quest’ultimo ambito, in data 18 ottobre 2016, i Finanzieri del I Gruppo Roma sorprendevano durante un controllo, il vice sindaco pro tempore di Guidonia Montecelio, trovandolo in possesso di una mazzetta di 50.000 Euro in contanti che aveva appena ricevuto (durante un incontro opportunamente monitorato dai militari) da un imprenditore operante nel settore del trasporto pubblico, quale prezzo di un accordo corruttivo.
“Un’organizzazione criminale si è insediata all’interno del Comune di Guidonia Montecelio e, profittando della copertura offerta da ruoli amministrativi e politici di rilievo, ha depredato le risorse pubbliche e la fiducia dei cittadini, in un clima di connivenza e di omertà che ha offerto protezione ed impunità per anni ai partecipi del gruppo – si legge nell’ordinanza cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Tivoli che ha portato all’arresto di quindici persone accusate di reati contro la pubblica amministrazione – Una ‘mafia bianca’ ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio. Probabilmente è questa la linea di demarcazione più netta e significativa che l’Accusa ha inteso tracciare, nella propria richiesta di applicazione di misura coercitiva, tra la (purtroppo consueta) consumazione di reati da parte dei ‘colletti bianchì e la costituzione di una ‘mafia biancà che si struttura come gruppo criminale e che, mutuando le regole delle associazioni criminali, agisce con la disinvoltura e la protervia che solo i sodalizi mafiosi sanno praticare». FONTE
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Tangenziale, appalti truccati in favore dei casalesi: arrestati funzionari della Tangenziale di Napoli. Indagato ex ad
20/0472017 – Provincia di Caserta, Napoli – I carabinieri del Noe e del Ros di Caserta hanno arrestato in mattinata 5 persone coinvolte in un’indagine riguardante gli appalti truccati per la realizzazione di lavori di manutenzione sulla tangenziale di Napoli, opere che venivano assegnate in modo pilotato a ditte vicine al clan dei casalesi. Le accuse avanzate dalla Dda di Napoli sono quelle di turbata libertà degli incanti e intestazione fittizia di beni aggravata dalle finalità mafiose.
Il provvedimento odierno scaturisce da una prima indagine che nel 2015 aveva portato all’arresto di 6 persone per associazione mafiosa e al sequestro di beni nei confronti di uno dei soggetti, affiliato al clan dei casalesi/fazione Zagaria.
L’Antimafia partenopea ha scoperto in particolare gravi irregolarità nell’assegnazione di due gare di appalto relative alla manutenzione di alcuni tratti della tangenziale napoletana e del manto stradale per un valore complessivo di 1,6 milioni di euro. In particolare due funzionari della società tangenziale di Napoli s.p.a.. (finiti in manette) avrebbero manipolato gli atti di gara al fine di favorire la Cogepi srl di Casapesenna, controllata da persone vicine ai clan. In questa società i militari del Ros hanno effettuato un sequestro preventivo da 700mila euro.
In carcere è finito l’imprenditore Antonio Piccolo, ritenuto titolare di fatto della Cogepi e già detenuto per la vicenda Cpl Concordia, mentre sono stati disposti gli arresti domiciliari per i due funzionari della Società Tangenziale di Napoli Spa, Francesco Caprio, che in cambio dei favori chiedeva un “aiutino” per la carriera universitaria del figlio, e Paola Ciccarino. Ai domiciliari anche i due giovanissimi figli dell’imprenditore Antonio Piccolo, che risponderanno di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso. di (Claudio Senese)
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PAGHIAMO QUESTO NORVEGESE 20 MILIONI DI EURO L’ANNO PER PORTARCI MIGLIAIA DI CLANDESTINI
20/04/2017 – Siem Pilot. L’incredibile attività della nave che porta i migranti in Sardegna. Questa l’incredibile attività della nave Siem Pilot, che porta i migranti dalle coste libiche alle coste italiane, campane, siciliane e soprattutto sarde: 456 migranti a luglio 2015 (Cagliari); 963 ad agosto 2015 (Cagliari); 781 a settembre 2015 (Cagliari); 662 ad ottobre 2015 (Cagliari); 925 a dicembre 2015 (Palermo); 545 migranti ad aprile 2016 (Salerno); 1.017 a maggio 2016 (Salerno); 737 a giugno 2016 (Cagliari); 1.040 il 7 luglio 2016 (Palermo); 931 il 24 luglio 2016 (Cagliari). Forse è un resoconto impreciso per difetto (peraltro parte solo dallo scorso luglio), comunque evidenzia numeri molto importanti: 4.530 accompagnati a Cagliari, 1.965 a Palermo e 1.562 a Salerno.
E’ una nave battente bandiera norvegese con il quartier generale alle Isole Cayman (Siem Offshore), ma fa parte del gruppo britannico Subsea-7 del signor Kristian Siem, a cui potremmo chiedere chi paga questi viaggi della fratellanza e dell’amore. A occhio potrebbero essere mecenati disinteressati, tipo Geoge Soros o Bernard Kouchner. Quest’ultimo fondatore di “Medecins sans Frontieres”, fino a novembre 2010 ministro degli Esteri nel governo Sarkozy, proprio quel governo che ha distrutto la Libia di Gheddafi e tentato costantemente di fare lo stesso con la Siria di Bashar al Assad, creando ondate di profughi che le navi Dignity, Bourbon Argos e Aquarius, vanno poi regolarmente a prendere a 15 miglia dalla costa libica per portarli da noi a 300 miglia di distanza. Quello stesso Kouchner definito dal “Jerusalem Post” come uno tra i 15 ebrei più influenti al mondo. A proposito di MsF, solo negli ultimi mesi del 2016 hanno trasportato almeno tremila migranti, ma i loro dati ufficiali per il 2015 indicano “20.129 salvataggi diretti e più di 80 sbarchi in Italia”.
Tornado ai proprietari della Siem Pilot, Martin Siem, papà di Kristian (attuale benefattore marittimo), ha lavorato durante la guerra per una rete di intelligence alleata (la norvegese Rmo) fino a divenirne il responsabile. A lui si deve l’affondamento nel gennaio 1945 della nave tedesca SS Donau definita la “Nave degli schiavi”, in quanto impiegata per portare ebrei norvegesi da Oslo ai campi tedeschi in Polonia. Può essere che in quel periodo fosse già entrato in contatto con il polacco Yaakov Meridor, allora membro di Irgun e Haganah (organizzazioni paramilitari ebraiche) e successivamente ministro in Israele (nella foto: Martin Siem, a sinistra, con Yaakov Meridor, a destra). Rapporti evidentemente intensi se nel 1965 dovette dimettersi da direttore generale della Akers Mekaniske Verksted, per aver fornito navi a Israele dai cantieri francesi di Cherbourg, nonostante il divieto allora imposto da De Gaulle. Tant’è che la vita di Martin, padre di Kristian, su Wikipedia esiste solo in tre lingue: ebraico, norvegese e inglese.
Quello che sta veramente accadendo è semplicemente il tentativo di de-nazionalizzare gli stati nazionali attraverso l’uso di migranti non assimilabili. Se fosse solo un problema demografico come viene raccontato, sarebbe più conveniente l’immigrazione di popolazioni a noi più affini. Gli ucraini se potessero verrebbero in massa. Affini etnicamente e religiosamente, avrebbero il vantaggio che i loro figli sarebbero totalmente assimilati, senza ghetti di emarginati rancorosi di tipo francese o statunitense.
Ma questo non va bene. Perché quello che serve è proprio l’immissione di popolazioni che non possano assimilarsi. Per destabilizzare e permettere il controllo remoto dello stato-colonia. Tutto questo in qualche maniera richiama la decolonizzazione dell’impero britannico, quando dal 1947 le colonie ottennero l’indipendenza e i britannici disegnarono i confini in modo da non regalare mai una omogeneità etnica. Un simpatico lascito di caos. Le élite che controllano gli Stati Uniti si stanno preparando al dopo-Nato e un’Europa massacrabile da conflitti interni è quanto di più auspicabile. – fonte
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Lotta alla povertà, cattolici e 5 Stelle hanno la stessa sensibilità: Il dialogo tra M5S e vescovi
20/04/2017 – C’è stata un’epoca – ormai superata – in cui i giornali di partito, o legati a determinate aree culturali o religiose, anticipavano svolte politiche rilevanti. Altri tempi. Ma come va interpretata l’intervista a Beppe Grillo, annunciata ieri con grande evidenza in prima pagina da «Avvenire», quotidiano della Conferenza episcopale italiana, e uscita insieme a un’altra intervista al «Corriere della Sera», in cui il direttore dello stesso giornale dei vescovi, Marco Tarquinio, dice che «su tre quarti dei grandi temi (dal lavoro alla lotta alla povertà), cattolici e 5 Stelle hanno la stessa sensibilità»?
Con una dichiarazione all’agenzia ufficiale «Sir», in serata, Tarquinio stesso ha cercato di ridimensionare il caso che stava per nascere, spiegando che l’intervista a Grillo era solo un’iniziativa giornalistica e le sue affermazioni a titolo personale.
Qualche risentimento nella Curia, sommessamente, può esserci stato, data la coincidenza con la lunga attesa del cambio dei vertici dell’assemblea vescovile e le cautele che la accompagnano.
Eppure, assodato che non siamo di fronte a una repentina svolta pro-5 Stelle delle Gerarchie, e neppure di Papa Francesco (che ha avuto, proprio in coincidenza della Via Crucis alla vigilia di Pasqua, un breve colloquio riservato con la sindaca di Roma Virginia Raggi, mentre Luigi Di Maio, domenica, era a Piazza San Pietro), la domanda rimane. Al di qua e al di là del Portone di bronzo di San Pietro, si sta muovendo qualcosa tra Grillo e i grillini, le eminenze cardinalizie, e più in giù, i parroci e i fedeli che di qui a poco saranno chiamati alle urne come tutti gli elettori?
Forse la risposta giusta è che se qualcosa è accaduto – una forma di attenzione, se non proprio un esplicito avvicinamento – non è avvenuto solo negli ultimi giorni. Sono almeno due anni, e forse più, se vogliamo risalire alle elezioni siciliane del 2012, quelle della traversata a nuoto dello Stretto di Messina da parte di Grillo, pochi mesi prima della vittoria alle politiche del 2013, che nel largo perimetro del mondo cattolico di base è in corso una sorta di annusamento, ciò che ha fatto dire a un vescovo siciliano «questi qui stanno venendo a mangiare nel nostro campo»: sulla legalità (alla quale Roberta Lombardi e una parte dei 5 stelle romani avrebbero voluto dedicare una parte del Giubileo), sulla lotta alla corruzione e alle mafie, sul reddito di cittadinanza e più in generale sulle azioni di contrasto della povertà, la convergenza s’è ormai realizzata. Il vecchio Movimento 5 Stelle, che trattava la Chiesa di Benedetto XVI come una parte dell’establishment teso a puntellare il sistema delle ingiustizie, ha cambiato pelle e ha scoperto (tra proteste iniziali della base sul web) Papa Francesco come alleato. I «tre quarti di sensibilità comune» di cui parlava Tarquinio si riferiscono a questi temi e che una parte del cattolicesimo di base e di quello che una volta, con la Dc, si chiamava «collateralismo», voti o abbia simpatia per i 5 Stelle non è un mistero. Già a luglio 2015, all’uscita dell’enciclica «Laudato si’», dedicata ai temi dell’ambiente, materia su cui affondano le radici un po’ catastrofiste del Movimento, i parlamentari stellati ostentavano il loro interesse e citavano a memoria le parole del Papa. Con qualche approssimazione non sempre rispettosa, tipo: «Beppe l’ha sempre detto che Francesco dev’essere iscritto al blog».
Di qui a dire che i vescovi italiani, lontani da rapporti preferenziali diretti con la politica italiana almeno dalla fine del partitone cattolico democristiano, adesso siano pronti a cavalcare la tigre di Grillo, ce ne corre. E non perché non siano in grado di schierarsi (in passato, ad esempio, quando mollarono Prodi e scelsero Berlusconi, salvo poi restare delusi, lo fecero capire chiaramente), ma perché quel tanto di ambiguità, che ancora contrassegna il grillismo, pesa eccome. Un anno fa, quando i senatori stellati decisero all’ultimo momento di scaricare il Pd e non votare la legge sulle unioni civili, lo fecero sulla base del rifiuto della scorciatoia regolamentare voluta da Renzi per approvare in fretta il testo, e non su una ragionata affermazione di valori: che una parte del loro elettorato avrebbe capito, ma un’altra avrebbe rifiutato. Grillo stesso, nell’intervista ad «Avvenire», si rifiuta di prendere posizione su temi sensibili come l’eutanasia e le manipolazioni genetiche.
Al dunque, si può dire che l’attenzione della Chiesa per i 5 Stelle, magari è motivata dalla delusione per Renzi (primo leader cattolico a tornare alla guida del governo dopo un lungo periodo), per le politiche da lui portate avanti o per le promesse mancate in materia di vita, famiglia, scuola, povertà. Ma è anche trattenuta da quel quarto di argomenti che mancano, da parte di Grillo e dei suoi, sugli stessi punti. fonte
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Beppe GRILLO, Intervista integrale: «Noi al governo, sarà naturale»
20/04/2017 – «Io non uso il mio mestiere per convincere. Sono semplicemente Beppe Grillo. Con le mie passioni, con i miei limiti, con le mie intuizioni. Lascio che tutto traspaia ed emerga per come è, evitando di vivere nell’enorme vergogna di ciò che ero prima di essere un politico. Un comico può permettersi di fingere, un politico no». Ascoltiamo un autoritratto inedito, autoironico e, a tratti, autocritico. Un po’ come nel suo ultimo spettacolo. Ma è la prima volta che Grillo racconta così Grillo a un giornale: una lunga riflessione quasi “privata” con immagini che si rincorrono le une con le altre per raccontare l’uomo e il Movimento a cui ha dato origine e che guida con decisione. «Ho lavorato, e si sa; ho vissuto, e si vede. È incredibile, ma tutto ciò che mi trova impegnato come padre, come riferimento per la famiglia, mi scopre più in difficoltà di prima, di 20 anni fa…». Ora la vita del comico che si è reinventato politico si lega alle trasformazioni che nell’ultimo quarto di secolo hanno scosso la società. «C’è stata una strage della decenza. Della lealtà. Della gratitudine. Del perdono», scandisce Grillo. «La strage di soldi, di proprietà e di sovranità messa in atto dalle banche è stata preceduta dal massacro dei valori che si è compiuto, in Italia, nell’era del berlusconismo. Bisogna sempre tenerlo a mente, restando concentrati su quello che è successo».
Le domande lo inseguono, ma Grillo le precede e le esorcizza. Niente concessioni alla cronaca. Niente stretta attualità. Il “patto” diventa questo: non è l’intervista per svelare un disegno sulla legge elettorale o per fare il punto sui guai e i punti di forza del Movimento. Per questi temi ci sarà una seconda puntata. Il gran capo del Movimento 5 Stelle oggi vuole provare a dire qualcosa che non può, e non vuole, dire solo con un tweet.
Grillo, il suo atto d’accusa contro Berlusconi è spietato. Ma tra il 1994 e il 2013 non ha governato solo lui…
È stato il tranviere più noto tra quelli che hanno portato l’Italia verso il precipizio della cosiddetta Seconda repubblica. Poi, ogni tanto ha messo il volante in mano a qualcuno della “sinistra frou frou”. E così siamo entrati nell’euro senza chiederlo ai cittadini…
Anche lei e il Movimento avete commesso errori. Potremmo metterne in fila più di uno…
Le mie debolezze sono le “mamme” dei miei punti di forza. In vita mia non ho mai creduto nella logica dell’”aiutino”, per questo sono forse un po’ rustico. Non mi aspetto di essere capito oltre quello che è ragionevole per chiunque di noi. Ma ho ben chiaro che il super-personalismo alla Nembo Kid dei leader politici ci ha quasi ammazzati. E vedo che il “maestro” è ancora lì ad allattare gli agnellini: è spiacevole la visione di un altro anziano ridotto così…, a mendicare buonismo. La pretesa che l’altro “mi veda per come mi vedo io” è assurda già in una coppia collaudata, figuriamoci in una progressiva orgia di illusioni e rimedi come quelli proposti da personaggi “liftati” che si imitano a vicenda: Renzi e Berlusconi.
Come sarebbe un governo 5 Stelle? E quanto sarà importante l’apporto di energie esterne?
Non esistono energie esterne al Movimento, noi siamo compenetrati con qualunque espressione non-criminale e non-politica che non sia legata al “vecchio ordine” del nostro Paese. Il governo a 5 Stelle avrà la consistenza di ciò che manca in Italia da troppo tempo: onestà e competenza al servizio dei cittadini. Certamente sarà l’espressione di elezioni libere, e sarà molto difficile da zittire con il dito ossuto della Germania o con la tracotanza delle banche.
Davvero per lei l’Europa ha prodotto solo guasti? E quando dice questo pensa all’Europa degli egoismi o all’Unione tout court?
L’Unione Europea di oggi è un sacco contenente 27 popoli che si chiedono come ci siano finiti dentro. Tra questi popoli ci sono connessioni rigide e frustranti, innaturali. L’Unione non può essere tacciata di egoismo… Non può essere tacciata proprio di nulla. È un blocco dalla natura indigeribile, regolamentato da banche. È solo il fermo immagine dell’idea di Europa come potenziale Grande Confederazione di Stati che è stata viziata e storpiata sin dai suoi primi passi. Questa Ue non può essere egoista né altruista, perché non è nulla. Non esiste come identità federale o qualsivoglia altra identità. L’egoismo che affiora è quello del vagone dei più rigidi: la Germania. Ecco: è come una gita in bicicletta dove partono 27 persone completamente diverse, un paio di ciclisti professionisti e poi tanti dilettanti sino al novantenne che ha avuto due infarti. Arriverà primo il ciclista professionista più forte, gli altri – provando a tenere il ritmo – si sentiranno male o addirittura schiatteranno… La verità è che quest’Europa non ha futuro perché è una sorta di nave dei folli.
Una critica senza scampo. Ma si ritrova o no nell’immagine di leader populista?
È incredibile che si continui a parlare di “forze e leader populisti” incombenti sui governi dei Paesi della Ue, mettendo assieme le reazioni meno confrontabili tra di loro con il problema più diffusamente uguale in tutto il mondo: il dopo-sbornia della finanza, delle agenzie di rating, dei cittadini sbattuti sul piatto del business mondiale come “manodopera” per un’uscita dalla Grande Crisi che è soltanto nominale. E intanto le banche continuano a sfilare dalle tasche dei cittadini i risparmi e i loro beni.
Per conquistare la guida di un grande Paese, però, non può bastare mettere sul banco degli imputati le banche e Angela Merkel. Quali sono le idee-forza della sua strategia?
Non esiste una “strategia” per arrivare a Palazzo Chigi. Immagino questo risultato come un auspicabile fenomeno naturale, generato da gente decisa a “scendere sulla terra”, lontano dagli incantesimi degli agnellini salvati da Berlusconi e dalle palle seriali che vengono dal partito ora al governo. Un partito che ha solo un merito: mantiene al suo comando la persona che meglio lo rappresenta, il bugiardo Renzi.
Ci risiamo. Ma, come Berlusconi, anche lei è il dominus nel Movimento a cui ha dato vita.
La realtà del Movimento è nel cuore di un progetto, non di una persona. Questo è possibile e necessario in un mondo in cui è globalizzata l’informazione. Ci sono molti aspetti controversi, ma già ora è facile guardare alle idee dei nuovi sognatori. Sperimentiamo una categoria del sapere umano diversa dalle precedenti, siamo in una rivoluzione di progetti e di nuove realizzazioni che potranno cambiare in meglio la vita delle persone.
Il “meglio” non è automatico. Prova ne sia che nel nostro pezzo di mondo “sviluppato” si discute molto poco di come curare bene gli anziani e tanto della “libertà” di farli morire. E, per disumano sovrappiù, i figli si “fanno fare” anche con l’utero in affitto…
La gran parte delle posizioni etiche trova le sue basi nell’ideologia di chi la esprime. Il Movimento è post-ideologico: non siamo qui a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato per e su ogni argomento. Per noi è fondamentale l’autodeterminazione, intesa come la possibilità data ai cittadini di essere cittadini.
Idea manipolata e rischiosa, quella di un’assoluta “autodeterminazione”: è libertà senza responsabilità, individualismo e liberismo estremi che aggrediscono e smontano la realtà della con-cittadinanza…
Il Movimento si è semplicemente impegnato a restituire il Paese in mano alla gente. Per questo non può essere connotato ideologicamente neppure su questioni definite etiche. Per noi conta il ripristino della democrazia in Italia che oggi è sospesa, conta il rientro dei cittadini nelle istituzioni e assistere alla costruzione di una idea di futuro. Cosa vogliamo diventare? Come saremo?
Speriamo non prodotti di laboratorio e neppure “scarti” da rafforzare con la “morte per legge” negli impulsi autodistruttivi… Torniamo a diritti e doveri di cittadinanza. Una proposta di forte impatto è la versione che avete elaborato del reddito di inclusione.
Noi continuiamo a parlare di reddito di cittadinanza, che non è una opzione, ma una fatale necessità. Non si tratta, anche se molti la interpretano così, di una misura basata su una logica assistenzialistica, ma di un ribaltamento delle priorità e della visione della società. Lo Stato che paga vitalizi ai politici e bonus super-milionari ai manager, che creano lavoro, ma spesso fanno anche grossi danni, deve occuparsi o no di garantire un “reddito di dignità” a tutti i cittadini?
Una prospettiva che interroga e impegna diverse forze sociali.
È un processo generato dalla radicale trasformazione del lavoro per la degenerazione delle regole (pensate solo all’orrore del Jobs Act), per gli effetti della globalizzazione (che mette in concorrenza i giovani cinesi con i giovani italiani) e anche a causa della progressiva trasformazione dei processi produttivi (che già stanno procedendo, verso un’automazione completamente deregolamentata). Noi proponiamo qualcosa che ormai è chiaramente inevitabile per redistribuire ricchezza e garantire decenza: basterebbe togliersi di dosso idee vecchie e stereotipate e guardare il mondo per quello che è.
Il mondo cambia, ma nel caso di Trump torna anche indietro, a schemi del passato. Ci descrive in cinque parole il presidente Usa?
Per Donald Trump servono più di cinque parole. Lui è l’espressione plastica della fine della “sinistra frou frou”, la gente si è stufata degli Obama e dei Clinton, tutto il loro essere di sinistra trova sfogo nel concedere qualche diritto senza costi e sorridere bene davanti alle telecamere. Ma Bill Clinton è stato uno dei grandi deregolatori, uno di quei potenti che hanno lasciato libera la finanza di impazzire e buttarci ai piedi del resto del mondo. Barack Obama non è intervenuto in nulla che davvero contasse a Wall Street, non ha fatto sì che il verso delle cose cambiasse ed ha finito per circondarsi degli stessi consulenti economici di Bush. Non importa come la pensi Trump, oppure cosa abbia in comune con gli altri casi di esasperazione alle urne, la sua elezione è stata una sorpresa perché l’establishment americano è molto più ottuso di quanto si possa immaginare.
Le prime decisioni di Trump sono segnate dalle logiche aspre dei dazi e dei muri. Che cosa ne pensa?
Di dazi si parla da moltissimo tempo, ma più che di dazi parlerei di flussi. Riuscire a controllare i flussi: i flussi di denaro, le transazioni finanziarie, i flussi migratori. Questo sarebbe veramente importante. E poi imporre dei limiti alla liberalizzazione per garantire la competitività industriale e nazionale. Quanto ai muri, l’America è murata dentro se stessa da due decenni. Stesso discorso per la Germania, irrigidita sui tacchetti a spillo dei suoi vantaggi generati dal perdono di tutti i possibili debiti tedeschi, e dall’imputazione come colpa del debito degli altri. È incredibile che diamo ancora retta alla Germania.
E il nuovo “zar” russo, Vladimir Putin?
In questo caso forse cinque parole sono sufficienti. Putin è quello che è, senza troppi misteri.
Nel nuovo scontro fra potenze sta andando di mezzo anche la tutela dell’ambiente.
La natura continua a portare una minima scorta di pazienza, ma è quasi finita. Persino più della nostra.
di Arturo Celetti E Luca Mazza
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Petrolio Basilicata. Catastrofe ambientale in Val d’Agri: ora è una certezza
20/04/2017 – Centinaia di migliaia di tonnellate di greggio nelle acque di falda. Il rischio di sversamenti da idrocarburi nell’invaso del Pertusillo è concreto e incombente. Risulterebbero inquinate infatti le acque di un canale che confluisce nel fiume Agri, principale affluente del bacino che fornisce acqua potabile a oltre quattro milioni di cittadini fra Basilicata e Puglia. Ecco perchè, con una riunione straordinaria convocata in tutta fretta la sera della vigilia di Pasqua la Giunta regionale della Basilicata ha deliberato la sospensione di tutte le attività del Centro Oli di Viggiano, di proprietà dell’Eni.
Dopo mesi di polemiche e di sospetti, corredati dalle denunce degli ambientalisti e da diverse interrogazioni parlamentari, nei giorni scorsi sono stati resi noti i risultati di sette campionamenti fatti dall’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata fuori dal Centro – in cui si lavorano decine di migliaia di barili di petrolio estratto in Val d’Agri – che evidenziano la contaminazione delle acque sotterranee con la presenza, “molto cospicua”, di manganese e ferro e anche di idrocarburi policiclici aromatici.
La gravità della situazione ambientale è tale da aver indotto il presidente della Regione, Marcello Pittella a decretare lo stop “a fronte delle inadempienze e dei ritardi da parte di Eni rispetto alle prescrizioni regionali”.
“Noi come cittadini salutiamo favorevolmente l’iniziativa della Regione e del prefetto, che però arriva con oltre due mesi di ritardo rispetto all’insorgere del problema. Ora è una corsa contro il tempo: speriamo che, preso coscienza della vastità dello sversamento, il ministero dell’Ambiente intervenga per impedire che la catastrofe arrivi fin dentro l’invaso del Pertusillo”. A parlare è Giuseppe Lo Bello, attivista ambientale e fondatore del Movimento “Liberiamo la Basilicata”, che già un mese fa aveva fatto effettuare dei campionamenti sulle acque dell’invaso da cui erano emersi una scarsa ossigenazione e la presenza -seppur entro i limiti di soglia- di metalli pesanti, clorometano e benzene. “Ricordiamo che il primo allarme sulle perdite era stato registrato il 23 gennaio, da parte dei dipendenti del Consorzio Asi che gestiscono il depuratore dove arrivano le acque di lavorazione del Centro Oli. Da quella data a oggi possiamo farci un’idea di quale sia il volume di greggio disperso nella falda acquifera: si tratta di una perdita copiosa che si è tentato di recuperare addirittura mettendo in funzione gli autospurgo h24. E’ evidente però- prosegue Lo Bello- che quello che si riesce a recuperare in questo modo è solo una parte del petrolio. Il resto arriva ai torrrenti, alle sorgenti e al fiume Agri e di conseguenza arriverà anche presso l’invaso del Pertusillo, se non si fa qualcosa”.
Lo “stop” della Regione Basilicata è un primo importante passo, ma in realtà non potrà avvenire prima di alcuni giorni. Prima dovrà avvenire la notifica del provvedimento (al quale in queste ore stanno lavorando gli uffici regionali) alla società petrolifera. Da quel momento in poi dovranno trascorrere almeno 48 ore per lo spegnimento degli impianti. Sempre nelle prossime ore scadrà il termine concesso ad Eni per il riesame del piano di caratterizzazione dopo essere stato rigettato nella scorsa conferenza dei servizi dagli uffici regionali. Per gli attivisti lucani è il segno di un cambio di passo nelle relazioni delle istituzioni regionali con il gigante petrolifero italiano, a cui finora era stata sostanzialmente demandata la strutturazione del piano di caratterizzazione dell’area, con gravi carenze sul profilo della sicurezza e del monitoraggio delle acque sotterranee. “Nel frattempo però- continua Lo Bello- restano le centinaia di migliaia di tonnellate di greggio disperse nelle sacche del sottosuolo. Ora bisogna fare di tutto per evitare che i contaminanti si espandano ulteriormente”.
Lo Bello parla di “corsa contro il tempo”, per arrestare il flusso inquinante mettendo in campo tutti i mezzi che la tecnologia prevede per arrestarne l’espansione : “Si possono usare le elettropompe sommerse o anche degli assorbenti di superficie dato che gli idrocarburi essendo leggeri galleggiano- per evitare che il petrolio dalle acque di falda possa andare a finire nell’invaso artificiale del Pertusillo, appena un chilometro e mezzo più a valle”.
La partita del petrolio tra salute pubblica e ragioni dell’economia
La mossa (doverosa) della Regione Basilicata apre uno scenario delicato anche sul piano nazionale in quanto dalla Val d’ Agri arriva circa il 70% del petrolio estratto in Italia e circa il 23% del metano. Non a caso, subito dopo la riunione straordinaria della Giunta lucana, sabato sera, il governatore Marcello Pittella (Pd) ha comunicato la decisione ai Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, Gian Luca Galletti e Carlo Calenda.
A subire i contraccolpi del blocco delle estrazioni potrebbero essere 3300 addetti della filiera petrolifera tra Basilicata e Puglia: oltre ai 1000 del Centro Oli anche gli oltre 2000 diretti e dell’indotto delle raffinerie di Taranto. Successe già nel marzo 2016, in seguito alla sospensione decretata dopo l’avvio delle indagini su Tempa Rossa che portarono alle dimissioni del Ministro Guidi. A Taranto venne stimato allora un calo della produzione giornaliera di circa 2000 tonnellate al giorno per 5 mesi. La produzione nazionale passò da 5,4 milioni nel 2015 a 3,7 milioni nel 2016, con uno scarto negativo di 1,7 milioni di tonnellate. di PAOLA PINTUS
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