Milano, 22 dicembre 2016 – È il giorno della sentenza nel processo a carico dell’ex Governatore lombardo e senatore Ncd Roberto Formigoni e altre 9 persone sul caso Maugeri, il presunto scandalo con al centro la Fondazione pavese che travolse il “Celeste” nell’aprile del 2012. Formigoni è stato condannato oggi a Milano a 6 anni di carcere. La sentenza è stata letta nella maxi aula della Prima Corte d’Assise d’Appello. Il Tribunale di Milano lo ha riconosciuto colpevole di corruzione. I giudici della Decima Sezione penale del Tribunale di Milano hanno fatto cadere l’accusa di associazione a delinquere, contestata a Roberto Formigoni, assolvendolo da questo reato “per non avere commesso il fatto”. Secondo l’accusa ipotizzata dai pm Laura Pedio, l’ex governatore lombardo (presidente della giunta regionale lombarda per quattro mandati consecutivi, dal 1995 al 2013) avrebbe favorito la fondazione pavese in cambio di tangenti. Nei confronti di Roberto Formigoni i giudici hanno anche deciso l’interdizione per 6 anni dai pubblici uffici. A carico Formigoni disposta anche la confisca di circa 6,6 milioni di euro, tra cui la quota del 50% di proprietà di una villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta.
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L’ex assessore regionale lombardo Antonio Simone, e l’ex uomo d’affari Pierangelo Daccò sono stati condannati rispettivamente a 8 anni e 8 mesi e 9 anni e 2 mesi di carcere. I due sono considerati dall’accusa i presunti collettori delle tangenti e coloro i quali avrebbero garantito circa 8 milioni di euro in benefit di lusso e contanti all’allora governatore lombardo. Il tribunale di Milano ha condannato Formigoni in solido con Daccò e Simone a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro.
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Per l’ex “numero uno” del Pirellone, accusato di associazione per delinquere e corruzione, i pm Laura Pedio e Antonio Pastore avevano chiesto 9 anni di carcere, senza alcuna attenuante. La Procura aveva chiesto anche altre 9 condanne, tra cui quelle per i presunti intermediari delle mazzette, il faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Antonio Simone, per i quali erano stati chiesti 8 anni e 8 mesi di carcere. Con la sentenza di oggi oltre alle condanne di Roberto Formigoni e altre 4 persone, sono arrivate le assoluzioni per 5 imputati: l’ex dg della sanità lombarda in Regione Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, lo storico amico dell’ex governatore nei memores domini Alberto Perego, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei e Carla Vites, l’ex moglie di Antonio Simone. Anche per questi 5 imputati i pm avevano chiesto, invece, le condanne e, in particolare, avevano chiesto 5 anni e 6 mesi di carcere per Lucchina e Sanese e 5 anni per Perego.
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LA SODDISFAZIONE DEI PM – Soddisfatti i pm di Milano che hanno rappresentato la pubblica accusa. I due magistrati fuori dall’aula si sono abbracciati, al termine della lettura della sentenza durata poco meno di 20 minuti. A fianco di Pedio e Pastore, c’era anche il Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco, oltre agli investigatori della polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini. I due pm, davanti a telecamere e taccuini, non hanno voluto commentare la sentenza e a proposito della presenza di Greco, Laura Pedio ha affermato: “È sempre stato al nostro fianco”.
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“PRIMA LE MOTIVAZIONI, POI IL RICORSO” – La difesa di Roberto Formigoni attende ora di leggere le motivazioni e poi presenterà ricorso in appello. Lo ha spiegato l’avvocato Mario Brusa, uno dei legali del senatore, dopo il verdetto. Il difensore ha chiarito comunque che “è un’ottima cosa” l’assoluzione dell’ex Governatore dall’accusa di associazione per delinquere. Tra i cinque assolti figura l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese che era “molto contento” dopo il verdetto, mentre l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, anche lei assolta, ha pianto per l’emozione. “Questo risultato oltremodo ci sorprende”, hanno commentato invece gli avvocati Gabriele Vitiello e Matteo De Luca, legali di Pierangelo Daccò condannato a 9 anni e 2 mesi. “È una sentenza che di certo stravolge la verità – hanno aggiunto -. Attendiamo ovviamente di leggerne le motivazioni per predisporci a un doveroso atto di appello”. – FONTE
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