Fase 2, lo scontro con le Regioni: Zaia definitivo contro Conte, in Veneto riapriamo tutto
02/05/2020 – “All’interno del Governo c’erano due diverse linee sulla Fase due? No, non esistevano due linee diverse”. Così il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, durante la registrazione della puntata di ‘Accordi e Disaccordi’. “Però è anche fisiologico, quando si lavora in gruppo, avere sensibilità diverse – ha detto Boccia -. Poi è chiaro che ci sono ministri che hanno pressioni diverse, però non ci sono state due linee. La somma di queste pressioni ha spesso determinato dei confronti tra di noi, però la saggia prudenza del presidente del Consiglio – ha concluso il ministro – ha tenuto insieme tutti”. “La Calabria è il classico caso di una cosa fatta contro una misura nazionale chiara“. “Il governo ha detto che bar, ristoranti, parrucchieri hanno bisogno di linee guida e hanno bisogno di una valutazione ulteriore che faremo dal 4 al 17 maggio – ha detto Boccia -. Cosa succede se un bar apre e poi si ammala un lavoratore, uno chef, un cameriere?“, ha concluso il ministro.
VENETO – “Le ordinanze introdotte dal Veneto non sono in contrasto con il Dpcm ma vogliono portare un principio di buon senso e rispetto nei confronti del cittadino”. Così Luca Zaia, che aggiunge: “le battaglie legali non portano a nulla. Non facciamo ordinanze per cercare prove muscolari o per buttarla in politica. A me sembra che il ministro Boccia, in rappresentanza del Governo, abbia compreso le nostre volontà; penso che per la quasi totalità delle misure oggetto di ordinanza ci sia la possibilità di dimostrare un allineamento col Dpcm per cui non le ritiriamo”.
“Una delle contestazione – ha spiegato Zaia – è la vendita di abbigliamento per bimbi e quello di fiori e piante ‘open air’ al mercato: non è prevista – ha chiarito -.Ma ho fatto presente che si vendono in fioreria, al garden, nei supermercati. Se la contestazione è questa rispetto alla mole di lavoro che abbiamo fatto – ha concluso – direi che siamo a buon punto”. “Il Veneto può aprir tutto – ha aggiunto -. Ovviamente su base solida di una certificazione che ci dà il Comitato scientifico. Ma noi potremmo, in linea di principio, affrontare qualsiasi tipo di apertura”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, secondo cui “il tema è capire se tutti noi entriamo nell’ordine delle idee che non è finita e che stiamo convivendo col virus. La mascherina è una delle condizioni sine qua non per fare questa battaglia”. “Penso che la direzione, sentendo i vari colleghi, – ha detto – andrà verso la riapertura differenziata tra le regioni”
“Abbiamo un piano, che speriamo possa diventare operativo a settembre, che viaggia sui 30 mila tamponi al giorno”. Lo ha annunciato il presidente del Veneto, Luca Zaia il quale ha spiegato che l’ambizione sarebbe farne di più e per questo “è stato deciso di acquistare altre tre macchine oltre a quella già esistente a Padova. Macchine che consentono di fare 9mila tamponi giornalieri che saranno messe negli hub di Treviso, Vicenza e Venezia. Se riuscissimo ad acquistarle, potremmo arrivare a fare 50 mila tamponi al dì”.
“Ora – ha aggiunto – abbiamo una capacità di 11-12 mila tamponi quotidiani”. “Speriamo – ha auspicato – che i parametri siano affrontabili. Questo è un aspetto che ho contestato formalmente al Comitato tecnico-scientifico: si parla tanto dei numeri dei contagiati come parametro: ma se uno non fa tamponi, non ha contagiati. Finisce che il virtuoso viene più penalizzato di quello che non li fa. Ora siamo a circa 350 mila. Non ci sono altre realtà che hanno fatto tanti test come noi. A questo si aggiungono i 700 mila test rapidi che stanno tutti andando fuori come attività di screening preparatoria al tampone”.
CAMPANIA – “Voglio insistere su una cosa: dobbiamo essere rigorosi sull’obbligo di indossare mascherine fuori casa e se è possibile rispettare il distanziamento sociale”. Lo chiede ai cittadini campani su Fb, il governatore della Campania Vincenzo De Luca. “E’ indispensabile – ha ribadito – e noi saremo rigorosissimi con un’ altra ordinanza: c’è obbligo di indossare mascherina altrimenti ci sono le sanzioni”.
CALABRIA – La presidente della Regione Calabria Jole Santelli non fa marcia indietro e di fronte alla possibilità che il governo diffidi la Calabria impugnando l’ ordinanza che riapre bar e ristoranti, risponde, in una intervista a La Stampa: “È un atto che il governo legittimamente può fare. Anche se io lo sconsiglierei fortemente. Io non ho riaperto la ristorazione all’interno dei locali, ho solo consentito di mettere qualche tavolo all’aperto. Tutto questo pasticcio per qualche tavolo mi pare eccessivo”. Alla domanda se non prenda in considerazione l’ipotesi di ritirare l’ordinanza, spiega: “No! Penso sia una norma giusta e penso che entro dieci giorni il governo farà lo stesso con un nuovo Dpcm. Io ho seguito un protocollo con precauzioni rigide, non penso di avere fatto nulla di sconvolgente. Se il governo deciderà di impugnare sarà un atto politico, secondo me potrebbe evitare”. “I ristoranti – sottolinea anche sul rischio di una riesplosione dei contagi – li ha riaperti il governo quando ha consentito possibilità di asporto. Le cucine sono aperte. Io ho solo previsto la possibilità di mettere dei tavoli fuori, anche l’ Iss dice che all’ aperto i rischi sono minimi. Ma l’ aumento dei contagi non sarà dato da due tavolini davanti a un bar o a un ristorante. Il rischio è dato da quello che ha autorizzato con il Dpcm, la possibilità di rientrare al Sud per chi era rimasto bloccato al Nord nelle scorse settimane. Io ho dovuto fare un’ ordinanza per chi torna, è il terzo esodo in rientro che siamo costretti a gestire da soli”.
EMILIA ROMAGNA – I calciatori di Spal, Bologna, Parma e Sassuolo, da lunedì, potranno tornare nei rispettivi centri sportivi per allenarsi, sia pure individualmente. E’ quanto prevede l’ordinanza firmata ieri sera dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Le sedute dovranno svolgersi “nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento in strutture a porte chiuse”, equiparando gli atleti delle discipline individuali a quelli che praticano sport di squadra.
SARDEGNA – Anche la Sardegna si prepara alla Fase 2. E’ attesa, infatti, per sabato la nuova ordinanza che prevede aperture anticipate da parte del governatore Christian Solinas. La Sardegna è una delle 12 istituzioni regionali, guidate dal centrodestra, che avevano inviato una lettera al premier e al presidente della Repubblica chiedendo di “normalizzare l’emergenza” e di rispettare le proprie competenze. E ora, dopo le ordinanze di Calabria, Veneto, Sicilia ed Emilia Romagna, Solinas si sta preparando a definire le norme per la seconda fase della pandemia. Nei giorni scorsi il ministro Boccia aveva spiegato che a partire dal 18 maggio, sulla base all’andamento della curva dei contagi nel periodo 4-17 maggio, si sarebbe ragionato su aperture differenziate per Regione. – [ANSA]
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Covid-19, l’Oms lancia raccolta fondi
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Mauro Corona massacra Casini:”Sono 40anni che scalda poltrone col culo della politica”
13/01/2018 – Duro scontro, a Stasera Italia, tra lo scrittore Mauro Corona e Pierferdinando Casini, del Pd. Corona accusa Casini di essere un “poltronista“. “Adesso fa parlare me! Casini, lei è quello che difendeva la famiglia ed è stato il primo a divorziare!”, ha poi attaccato Corona. “Mi fa parlare? Sennò vi mando a cag*** e vado via”, ha aggiunto lo scrittore montanaro.
“Il poltronista Casini deve sapere che se va in giro nelle osterie e dice ‘ammazziamo quegli sporchi negri’ l’8% dice di sì. Facciamo una televisione seria o vi mando a quel paese? Casini, son quarant’anni che scalda poltrone col c**o della politica!”. Sintetica la replica di Casini: “A differenza sua non vado per osterie ma parlo con gli elettori che mi votano. Lei continui ad andare per osterie”: VIDEO:
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Scontro in studio. Maria Teresa Meli: ‘Il Governo non è stato eletto’ – Diego Fusaro: ‘La smetta di starnazzare’
Scontro in studio. Maria Teresa Meli alla quale bisognerebbe purtroppo rispondere che il Governo è stato eletto poichè frutto della peggior legge elettorale che sia mai stata emanata, ma voluta da Rosato e Mattarella, guarda un po’, facenti parte dello stesso schifoso partito in cui lei ama così tanto specchiarsi.
‘Il Governo non è stato eletto’ – Diego Fusaro: ‘La smetta di starnazzare’, VIDEO:
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Scontro in studio tra C. Martelli e M. Giordano: ‘Lei è un animale! Mario Giordano, animale se lo tiene per lei! [VIDEO]
01/10/2018 – Martelli a Giordano: “Sei un animale”. Durissimo botta e risposta, su La7, tra l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e il giornalista Mario Giordano. Lo scontro, durissimo, va in onda nello studio tv di Tagadà, su La7. Si sta parlando della manovra del governo e, com’è normale in un talk show, tra gli ospiti non c’è identità di vedute. A un certo punto però gli animi si infiammano per una battuta.
Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia del Partito socialista italiano, oggi commentatore politico, rivolgendosi con tono pacato al giornalista Mario Giordano, gli dà del “populista e strano animale”. Giordano non ci sta e reagisce così all’insulto: “Animale se lo tenga per lei”. Ripete questa frase più di una volta, e lo stesso fa Martelli, che tenta di correre ai ripari dicendo che intendeva dire “animale politico”. La frittata però è fatta. L’aria, in studio, è molto pesante, e la conduttrice, Tiziana panella, fatica non poco a riportare la calma.
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Una nave MSC si è scontrata contro il molo di Roatán nel mar dei Caraibi [VIDEO]
La nave da crociera Armonia della compagnia di navigazione MSC ha distrutto uno dei moli del porto di Roatán, isola tropicale del Mar dei Caraibi, al largo delle coste dell’Honduras. La nave ha colpito circa alle 8 del mattino (ora locale) di, martedì 10 aprile 2018, contro il molo destinato all’attracco delle grandi navi da crociera, causando danni all’imbarcazione e alla struttura del porto. IL VIDEO DOPO LA PUBBLICITA’:
Video amatoriali filmati sul posto, mostrano diverse persone che corrono verso il luogo dell’evento, come riportano i media locali non si segnalano feriti, né a bordo né a terra, a seguito della collisione.
MSC Armonia è una nave varata nel 2001 ed è lunga quasi 275 metri e con una stazza di 65 mila tonnellate; attualmente è impegnata nella navigazione delle isole dei Caraibi con tappe a L’Avana, Giamaica e Belize.
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Pedemontana Veneta, scontro tra Lega e M5S. Per Jacopo Berti (M5S) “il margine è del 66%, più di Autostrade”, per Matteo Salvini “quello veneto è un modello”
Non solo Genova. Non solo quel maledetto ponte, con il carico di interessi e cattivi pensieri attorno alla sua ricostruzione. A incrinare il rapporto tra Lega e Cinque Stelle, dilatando la distanza su un punto già critico come quello delle infrastrutture, ecco il tratto veneto della Pedemontana: cento chilometri di autostrada che per il Carroccio (quasi) partito unico nella regione, sono un totem. Ma contro cui il M5S locale protesta a tutta forza, con il silenzio-assenso del Movimento nazionale, gridando al “regalo” del governatore leghista Luca Zaia al consorzio privato Sis (il costruttore piemontese Dogliani e gli spagnoli Sacyr, azienda della compagnia petrolifera Repsol).
“Se vi hanno fatto schifo i guadagni esorbitanti di Autostrade Spa non avete visto nulla, ai privati regalano un margine operativo di 8 miliardi, superiore perfino a quello di Autostrade per l’Italia“, scrive su Facebook il capogruppo regionale dei 5 Stelle, Jacopo Berti: proprio nel giorno in cui Matteo Salviniappare a Venezia per firmare il protocollo di legalità sui lavori con Luca Zaia.
Strette di mano e sorrisi, che stridono con il Berti che invoca una revisione profonda dell’opera, “perché va fatta, visto che il Veneto ne ha bisogno, ma non certo così“. E sarebbe un’ulteriore modifica, “perché il contratto l’hanno già modificato tre volte, sempre più a favore per il concessionario privato“. Insomma, il Movimento locale fa muro: con la copertura di Roma, assicura Berti al Fatto, “perché ho sentito esponenti di governo del Movimento e mi hanno detto di andare avanti“.
E così spara ad allo zero, contro un’opera che anche al M5S nazionale non piace per nulla. Anche se ricordarlo dritto ora aprirebbe un’altra crepa pubblica con Salvini, in una fase già delicatissima. E allora l’unica cosa che filtra da una fonte di peso è una formula di rito: “Come tutte le grandi opere, anche la Pedemontana verrà sottoposta all’analisi dei costi e dei benefici“. Sillabe gelide per rammentare che anche l’autostrada veneta non è da considerarsi un progetto chiuso.
La Lega, però, non intende mollare nulla sull’opera, il cui completamento è previsto nel 2020. E Salvini ieri lo ha ribadito con parole e presenza, giocando anche (indirettamente) di paragone con il caso di Genova: “Credo che un modello di compartecipazione pubblico-privato come quello veneto possa essere un modello anche a livello nazionale“. Tradotto: il Carroccio insiste per far ricostruire il ponte Morandi (anche) ad Autostrade. Contrariamente alla linea del Movimento e del suo capo politico Luigi Di Maio, che dalla società dei Benetton vuole solo soldi, e tanti. Ma di denaro, tantissimo, potrebbe prenderne anche il consorzio che sta realizzando la Pedemontana. Perché il margine operativo di 8 miliardi è pari al 66 per cento di quanto incasserà coi pedaggi: vale a dire che ogni 100 euro pagati al casello dagli utenti, la gestione al concessionario ne costerà solo 34. Un margine superiore a quello di Autostrade per l’Italia, pari al 62 per cento come calcolato dal Fatto.
E da qui si torna a Berti e al suo dito puntato contro Zaia: “L’autostrada in costruzione è il più grande regalo ai costruttori che l’Italia abbia mai visto. Costerà dieci volte più del previsto, e i cittadini dovranno pagare 13 miliardi tra tasse e tariffe, per un’autostrada che ne costa 2,5“.
Però il governatore veneto è un protagonista di quella Lega che a Roma governa con il Movimento. Così viene naturale chiedere a Berti quanto sia siderale la distanza tra 5 Stelle e Lega sulle grandi opere, già motivo di mal di pancia durante la stesura del contratto di governo. E il capogruppo del M5S replica così: “Io ero alla conferenza stampa di Salvini e Zaia, e ho sentito dire al ministro dell’Interno che il governo vuole tagliare le unghie a tutti i concessionari privati e ai loro enormi profitti. E allora faccia quanto predica, spiegando al suo governatore fuori controllo che il contratto per la Pedemontana va modificato, sia dal punto di vista dei costi che da quello ambientale“.
Perché il cantiere, sostiene il Movimento, passa per una discarica abusiva. “Una falsità, carte alla mano” hanno sempre replicato Regione e i costruttori. Ma Berti insiste: “Loro parlano di discarica già segnalata, ma l’area è molto più ampia ed è colma di rifiuti. È venuta anche Report a filmare tutto“. E allora, che si fa? “Andrò avanti chiedendo di cambiare la concessione. Non mollerò mai, come non ho mai mollato in questi anni. E nel M5S lo sanno“.
Ma la partita sulla Pedemontana è impervia per i 5 Stelle. E da Roma lo ammettono: “Salvini non pare volersi stracciare le vesti sul Tav, che per noi resta un problema. Ma in cambio potrebbe pretendere di non sfiorare le altre opere“. Pedemontana in primis. Nonostante Genova.
di Luca De Carolis, da Il Fatto Quotidiano
Ecco a voi la “superstrada modello”, ma di quel che non si dovrebbe fare
Nata nel 2002 per realizzare un’autostrada a pedaggio di circa 94 chilometri da Montecchio Maggiore (Vicenza) a Spresiano (Treviso), Pedemontana veneta Spa è l’esempio di come le opere pubbliche non dovrebbero essere fatte. Inizialmente stimati in 1,8 miliardi, i costi sono lievitati, per ora, a oltre 3 miliardi (31 milioni a km), senza che sia stato steso nemmeno un chilometro d’asfalto di quella che nel frattempo è diventata una superstrada.
E l’idea iniziale di realizzare l’opera in project financing (sistema che fa molto modernità finanziaria, ma che in Italia non ha mai funzionato), cioè finanziata da enti che poi si ripagano grazie ai proventi del casello, si è trasformata in un ircocervo che drena risorse dei contribuenti, è criticato dalla Corte dei Conti ed è controllata da un commissario.
Per ora i soldi ce li ha messi solo la Regione: 245 milioni; nessun privato ha voluto scucire alcunché, nonostante la promessa di pedaggi assai alti. Il tracciato fin dall’inizio ha suscitato dubbi e critiche. Ma è tutta le gestione, a cominciare dagli aspetti finanziari mai risolti, che fa acqua.
Al principio l’azionariato del concessionario era misto pubblico-privato: l’autostrada Serenissima (nel cui capitale era presente il costruttore Mantovani, e la Argo finanziaria del gruppo Gavio), Autostrade per l’Italia (Aspi) dei Benetton, le Autovie Venete e gli istituti locali Antonveneta, Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno.
In Italia la consuetudine è che le proposte di opere pubbliche non le facciano lo Stato o le Regioni in base alle esigenze di mobilità, ma banche, costruttori e concessionari.
Nel 2004 la Regione Veneto dichiara l’opera di interesse pubblico e concede un primo contributo di 243milioni di euro a Spv (Superstrada pedemontana veneta, il nuovo nome della società), più un contributo annuale variabile per 30 anni modulato in base ai flussi di traffico. Insomma un meccanismo che mette il concessionario al riparo da ogni rischio di scarso traffico, e che incentiva le opere inutili. La società concessionaria passa nel giro di pochi anni dal controllo misto a quello privato, quello del consorzio Cps, che comprende costruttori come Impregilo e Adria infrastrutture.
Per continuare a finanziare la strada la Regione Veneto cerca di introdurre un’addizionale Irpef “temporanea”. Il motivo? L’aumento dei costi, frutto di previsioni di spese sottostimate e di traffico sovrastimato. Alla Cps subentra il gruppo ispano-italiano Sis (Sacyr e la famiglia piemontese Dogliani) che nel 2009 si impegnano a costruire la superstrada con i propri soldi (600 milioni), in cambio di una lunga concessione. L’affare però, ancora una volta, non decolla. Nel 2016 a seguire l’opera andata fuori controllo viene infine mandato un commissario, Silvano Vernizzi, che diventa di fatto il nuovo regolatore pubblico. A fine 2017 per provare a dare slancio all’opera ancora impantanata e coprire i costi nel frattempo lievitati, si lancia l’idea di un bond da 1,2 miliardi. Ma nessuno lo sottoscrive. Il 5 giugno scorso infine viene firmata la terza convenzione fra Regione e Sis. Remunerazione altissima (vedere articolo sopra) e un esborso della Regione fissato a 29 milioni di euro l’anno più Iva per quindici anni (532 milioni totali).
Il risultato è che il governatore Zaia garantisce i guadagni alla concessionaria mentre Regione e Stato si accollano il rischio dell’opera, come se fosse realizzata con un appalto tradizionale.
A evidenziare le molte anomalie è stata tra l’altro, nel marzo scorso, la Corte dei Conti. La critica riguarda le stime di traffico, un accordo finanziario arrivato fuori tempo massimo e il costo riversato in futuro sul contribuente veneto. È evidente che, al netto di ogni considerazione ambientale, il progetto non aveva molte basi di fattibilità economica e il committente ha voluto fin dall’inizio sgravare la società concessionaria dal rischio imprenditoriale, accollandolo tutto alla mano pubblica, il cui l’ultimo intervento è il nuovo prestito da 300 milioni, nel maggio scorso, da parte della Cassa Depositi e Prestiti.
Come era stata pensata, la Pedemontana veneta non sembra servire più, visto che è stato ammesso che dai 33mila veicoli giornalieri previsti si passerà (forse) a 18mila. Così, anziché studiare una via d’uscita, ad esempio una riduzione della lunghezza della tratta e la riduzione delle carreggiate, con minor consumo di suolo e minori costi, si vuole proseguire su una strada fallimentare. Con l’entusiasta supporto di Luca Zaia e Matteo Salvini.
di Dario Balotta, da Il Fatto Quotidiano
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Scontro tra la ministra Lezzi e il governatore Emiliano: in conferenza stampa volano gli insulti
23/07/2018 – Botta e risposta tra il ministro peril Sud, Barbara Lezzi (M5S) e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano (Pd), su Tap. Il ministro parla di “bella sceneggiata” riferendosi all’appello fatto su Facebook da Emiliano al pentastellato Alessandro Di Battista riguardo al futuro di Tap. Il presidente ha replicato dandole della “maleducata”, dicendole di aver “portato offesa alla Regione Puglia” e chiedendole di scusarsi. Il litigio è avvenuto mentre i due erano seduti fianco a fianco nella sede della presidenza della Regione Puglia a Bari, durante una conferenza stampa convocata al termine di un incontro sul progetto del nodo ferroviario di Brindisi… Il Video dopo la pubblicità:
Doveva essere un incontro di lavoro, una riunione riservata tra il ministro Lezzi, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il sindaco di Brindisi Riccardo Rossi e l’assessore ai trasporti Giovanni Giannini per parlare del progetto del nodo ferroviario di Brindisi ma si è trasformato in un acceso botta e risposta tra il ministro per il Sud e il presidente della regione Puglia in seguito alla richiesta di un commento da parte dei giornalisti sulla questione Tap.
Il ministro Lezzi ha parlato di “una bella sceneggiata da parte del presidente Emiliano”, riferendosi all’appello fatto su FB dal governatore pugliese al pentastellato Alessandro Di Battista riguardo al futuro di Tap. Emiliano ha replicato dandole della «maleducata», dicendole di aver «portato offesa alla Regione Puglia» e chiedendole di scusarsi. “Una sceneggiata intollerabile” ha detto il Governatore. “Non posso replicare in sede politica ad un ministro che dovrebbe venire qui solo per lavorare e che trasforma un invito in una campagna elettorale permanente. Presenterò al Presidente del Consiglio le mie lamentele per questo evento che considero fuori da ogni considerazione. Le istituzioni non si possono gestire in modo concitato perché la concitazione è tipica degli incompetenti e degli inesperti. Il ministro non si rende conto di cosa ha combinato oggi. Si è messa in contraddizione contemporaneamente con la Regione Puglia e con il Presidente della Repubblica che è andato a confermare il nostro intendimento sulla realizzazione del Tap in visita ufficiale in Azerbaijan. Un ministro che smentisce il Presidente della Repubblica, che in visita ufficiale conferma la realizzazione dell’opera, si deve dimettere”. [VIDEO]:
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Scontro tra il governo e Boeri ‘Se non è d’accordo si dimetta’
15/07/2018 – Scontro tra il governo e il presidente dell’Inps, Tito Boeri, sul decreto dignità. Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, “non ha mai accusato né il Ministero dell’Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella ‘manina’ che, si ribadisce, non va ricercata nell’ambito del Mef”, si legge in una nota congiunta dei ministri dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio e dell’Economia Giovanni Tria.
Quanto alla relazione tecnica che accompagna il Decreto Dignità, “il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritiene che le stime di fonte INPS sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”, riporta la nota congiunta dei ministri dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e dell’Economia, Giovanni Tria.
Ira di Boeri che parla di un attacco senza precedenti: “Le dichiarazioni dei ministri Tria e Di Maio – sostiene – rivolgono un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici e in grado di offrire supporto informativo alle scelte del Parlamento e dell’opinione pubblica. Nel mirino l’INPS, reo di avere trasmesso una relazione ‘priva di basi scientifiche’ e, di fatto, anche la Ragioneria Generale dello Stato che ha bollinato una relazione tecnica che riprende in toto le stime dell’Inps. Quanto al merito, siamo ai limiti del negazionismo economico”.
Una polemica, quella di oggi che segue le parole di Di Maio pronunciate in un video postato su Facebook. “Nella relazione” al decreto dignità “c’è scritto che farà perdere 8mila posti di lavoro in un anno. Quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri”. La verità è che “questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi”. Lo dice Luigi Di Maio in un video su Facebook commentando l’ipotesi di una contrazione dei posti di lavoro con il dl dignità.
“Fare pulizia” nella Ragioneria dello Stato e al ministero dell’Economia. E’ l’intento annunciato da fonti qualificate M5s dopo la vicenda della relazione tecnica al dl dignità. La tabella “spuntata di notte” sugli 8000 posti in meno viene ritenuta un episodio “gravissimo”: il sospetto è che ci siano responsabilità di uomini vicini alla squadra dell’ex ministro Pd Padoan. E l’idea è uno spoil system per “togliere dai posti chiave chi mira a ledere l’operato di governo e M5s. Abbiamo bisogno di persone di fiducia, non di vipere”, dicono.
Le relazioni tecniche – ribattono fonti Mef – sono presentate insieme ai provvedimenti dalle amministrazioni proponenti, così anche nel caso del decreto dignità, giunto al Mef corredato di relazione con tutti i dati, compreso quello sugli effetti sui contratti di lavoro della stretta anti-precari. Le stesse fonti specificano che la Ragioneria generale dello Stato prende atto dei dati riportati nella relazione per valutare oneri e coperture.
ANSA | 15-07-2018 18:55
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Firenze: lite tra due famiglie di etnia rom, la sparatoria e la fuga. Travolto uomo in scooter: grave
10/06/2018 – Erano da poco passate le 12 di domenica quando un uomo di etnia Rom riconducibile all’insediamento del Poderaccio al culmine di un litigio tra due famiglie, ha esploso alcuni colpi in aria tra i passanti, nella zona di via Canova a Firenze, nei pressi del supermercato Esselunga, mentre un altro uomo coinvolto nella lite si stava allontanando su un’auto. Il mezzo, inseguito da altri connazionali, durante la fuga avrebbe colpito quattro auto prendendo in pieno uno scooterista, trasportato dopo un volo di venti metri in gravi condizioni a Careggi. Alla guida del motorino un fiorentino dell’89 che si trovava fermo al semaforo rosso di via Canova: in quel momento da dietro è arrivata a tutta velocità del fuggiasco. L’auto ha preso poi fuoco, l’uomo è stato fermato quasi subito: due pattuglie di carabinieri, impegnati a pattugliare la zona, hanno assistito alla scena e sono entrati subito in azione.
Nardella: appello al guardasigilli
Tutti i coinvolti sono stati poi fermati dai carabinieri che li hanno portati in caserma in attesa del fermo. Tra le prime ipotesi emerse c’è quella che, all’origine della lite, ci sia la fine della storia tra l’uomo in fuga e la moglie che —secondo la famiglia della ragazza — lui avrebbe lasciato. Da qui l’incontro, la lite e la paura di ritorsioni e la fuga. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, è andato all’ospedale fiorentino con l’assessore Sara Funaroper stare vicino alla famiglia dello scooterista travolto.«Sono sconcertato per ciò che è accaduto oggi a Firenze: è un fatto inaccettabile — ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella — Siamo al fianco del ragazzo nostro concittadino ferito e della sua famiglia. Mentre ringrazio le forze dell’ordine che hanno agito con straordinaria professionalità e hanno subito assicurato tempestivamente alla giustizia i responsabili, rivolgo un appello al ministro Guardasigilli perché sia assicurata la certezza della pena e chi ha sbagliato paghi fino all’ultimo giorno. Vogliamo giustizia, senza sconti».
Le indagini
I carabinieri hanno cercato la pistola, visto che alcuni testimoni hanno parlato di colpi di arma da fuoco esplosi durante la fuga. L’arma però non è stata trovata. Si deve quindi capire se per caso sia stata gettata via durante l’inseguimento oppure se quei colpi di pistola siano stati scambiati per il rumore prodotto dalla macchina del fuggiasco che era andata a sbattere contro altri quattro mezzi.Il sostituto procuratore di turno Tommaso Coletta è andato sul posto. E sta interrogando tutti i testimoni, oltre che alle persone coinvolte in questa storia. Al momento lui e i carabinieri stanno ricostruendo i ruoli che le famiglie hanno in questa vicenda. Ci sono almeno cinque rom implicati a questa vicenda, inclusi il fuggitivo e il parente che lo stava inseguendo. Si deve anche capire nelle sfumature sia il movente di quanto accaduto. Sarebbero quattro, al momento, le persone fermate dai carabinieri: oltre all’automobilista, piantonato dai militari all’ospedale di Torregalli, altre tre persone sarebbero state fermate sul luogo e il pm Coletta dovrebbe sentirli in serata. La procura della Repubblica di Firenze, tramite i carabinieri, ha rivolto un appello alle persone che hanno assistito all’inseguimento e al successivo incidente stradale a recarsi presso le caserme di Legnaia e Borgo Ognissanti per riferire la loro testimonianza sull’accaduto.
La ricostruzione
Dalle prime ricostruzioni emerge che il fuggiasco e il padre della moglie avessero avuto qualche ora prima un alterco, forse sfociato in attimi di violenza. Al momento non risulta alcun intervento da parte delle forze dell’ordine relativamente a questo episodio. La famiglia del ragazzo finito all’ospedale era al mare quando ha saputo quello che era accaduto al loro figlio ed è andata di corsa a Careggi. I medici non hanno ancora sciolto la prognosi di questo ragazzo.
Il testimone
Il proprietario di una delle auto travolte racconta: «Erano circa le 12,20. Ero in macchina con i miei due figli, tornavamo dall’Esselunga dove avevamo fatto un po’ di spesa. Ero fermo al semaforo, accanto a me avevo una macchina dei Carabinieri. Poi improvvisamente abbiamo sentito dei rumori alle nostre spalle e ci hanno tamponato. Anche un motorino in coda è stato preso in pieno. Lo scooter è letteralmente volato, andando quasi a finire sul lato opposto dell’incrocio. Per poco non prendeva il semaforo stesso». L’uomo e i due bambini stanno bene.
La politica, Lega all’attacco
«Ha dell’incredibile la sparatoria avvenuta oggi in Via Canova, un episodio agghiacciante, chiaramente figlio dell’assenza nel territorio delle istituzioni politiche locali che per troppo tempo hanno avallato una politica buonista ed eccessivamente tollerante verso il crimine ed il degrado». Lo ha detto Federico Bussolin, portavoce del comitato elettorale Lega Firenze 2019. «Il risultato? È sotto i nostri occhi e probabilmente non sarà neanche l’ultimo episodio: serve il pugno duro – ha proseguito -. È finito il tempo dei proclami per il sindaco Nardella, come del resto rimane inutile ogni sua promessa da campagna elettorale. È necessario cambiare radicalmente direzione, ed adottare una politica decisa sulla sicurezza dei cittadini. O a Firenze incominciamo a fare politica seriamente, attraverso il daspo urbano e la chiusura di tutti i campi rom, oppure i fiorentini dovranno scendere in piazza, per la legalità e la sicurezza di tutti. Purtroppo per alcuni pare non essere la priorità oggi giorno». «Non possiamo rimanere ostaggio di chi, con Firenze, non ha niente a che fare – hanno commentato Alessandro Scipioni e Filippo La Grassa, rispettivamente segretario provinciale e comunale della Lega fiorentina. Porteremo le politiche del ministro degli Interni Matteo Salvini anche nel cuore di Firenze. Dobbiamo proporci un cambiamento di amministrazione e rendere più sicure le nostre città. O Firenze diventa una città sicura, oppure è destinata a diventare lo sconcio del mondo intero. Una città così unica, non può essere ridotta in questo modo è un crimine contro l’umanità».
Forza Italia: campi rom da smantellare
«Noi lo diciamo da anni: i campi rom vanno smantellati e sgomberati subito, sono un retaggio dei decenni passati e non è più accettabile tollerare queste isole di illegalità. I fatti di oggi a Firenze ne sono l’ennesima tragica conferma». Così il vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana, Marco Stella (Forza Italia) commenta l’inseguimento con sparatoria tra quattro Rom avvenuto in via Canova, che ha coinvolto anche un ragazzo in scooter che è stato travolto e ora si trova in condizioni gravissime all’ospedale, dove lotta tra la vita e la morte. «Dal 2006 a oggi – sottolinea Stella – il Comune di Firenze ha speso 31 milioni di euro per i campi rom. Campi che continuano a dimostrarsi una `non soluzione´ al problema dell’integrazione e al superamento di comportamenti troppo spesso al limite della legalità. Basta con questa impostazione assistenzialista fatta con i soldi dei fiorentini, che di fatto non produce nessun tipo di risultato. I campi vanno chiusi». «Si dirà che quanto è accaduto è incredibile e sconcertante. Purtroppo non lo è, chi oggi finge stupore e sdegno è disonesto intellettualmente». Così anche Mario Razzanelli, consigliere comunale di Forza Italia. «Se da anni le opposizioni di centrodestra cercano di accendere i riflettori su situazioni di degrado e inciviltà, se da anni dai banchi di Palazzo Vecchio come da quelli di Palazzo Panciatichi il centrodestra denuncia il fallimento di politiche permissive nei confronti di chi non ha rispetto né della nostra cultura né delle nostre leggi – conclude -non è certo per voglia di diffondere false percezioni ma è per senso di realtà. Certe tragedie non accadono improvvisamente né per caso, o lo si comprende e ci si attiva per rimediare o si è complici».
Fdi: Donzelli lunedì in via Canova presidio tricolore
«Oggi a Firenze scene da Far West: due rom hanno seminato il panico in via Canova e investito un ragazzo, mandandolo all’ospedale in gravi condizioni. I residenti raccontano che ci sono stati anche degli spari — scrivono su Facebook il parlamentare di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli e il coordinatore regionale del partito e capogruppo a Palazzo Vecchio Francesco Torselli — Da anni denunciamo con sopralluoghi al vicino campo del Poderaccio e in altri insediamenti una situazione completamente fuori controllo. Ora basta! Questi luoghi non possono più esistere e devono essere smantellati immediatamente per la sicurezza di tutti. Domani dalle 19 saremo in via Canova (angolo via Chiusi) per incontrare i cittadini esasperati. Chiediamo a tutti di portare un tricolore per chiedere legalità e sicurezza. Riprendiamoci le nostre strade!». – FONTE
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