L’Antitrust ha scoperto una costosa campagna per sabotare
un collirio da 15 euro e imporne uno che ne costa 1400. Facendoci spendere 600 milioni in più di medicinali
Un patto segreto tra i vertici di due colossi mondiali del farmaco, solo in apparenza concorrenti, per fare spendere centinaia di milioni in più al Servizio sanitario nazionale. In ballo la competizione tra due prodotti per la cura degli occhi: uno costa 1400 euro, l’altro soltanto quindici e secondo i medici è comunque efficace. Ma – stando ai risultati di una lunga inchiesta dell’Autorità garante per la concorrenza – le industrie rivali si sono mosse insieme per spingere il farmaco più costoso e gettare pessima luce su quello low cost. Lo hanno fatto, come si evince da atti riservati che l’Espresso ha letto, condividendo strategie di mercato, mettendo a punto veri e propri piani di disinformazione, “sabotando” studi scientifici indipendenti, pagando medici e opinion leader per imporre il medicinale più caro.
Nel mirino dell’Authority presieduta da Giovanni Pitruzzella sono finiti i gruppi svizzeri Roche e Novartis. Il primo produce l’Avastin; l’altro il molto più caro Lucentis. Avastin è stato sviluppato per terapie diverse, anche se poi si è scoperto che funziona pure nelle cure oftalmiche. E così per fermarne la diffusione sono stati enfatizzati i rischi relativi all’uso oculistico, permettendo al Lucentis di dominare il mercato. Il prodotto meno costoso è stato escluso dalla lista di quelli rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale.
Cosa ci guadagna la Roche? Anzitutto, entrambi i farmaci sono un brevetto di Genertech, controllata da Roche che intasca le royalties. Inoltre, scrive l’Autorithy, «la rilevante partecipazione azionaria detenuta da Novartis in Roche (oltre il 33 per cento) fa si che la prima abbia doppiamente interesse a proteggere le vendite di Lucentis, da ciò derivandone non solo i vantaggi diretti in termini di proprio fatturato, ma pure indiretti in virtù di tale cointeressenza nel gruppo Roche-Genentech».
Il presidente dell’Authority,…
Il presidente dell’Authority, Giuseppe Pitruzzella
L’istruttoria svolta dall’Antitrust mostra chiaramente una strategia condivisa tra i vertici delle due aziende, provata da centinaia di email sequestate durante un blitz nello scorso ottobre: dai carteggi emergono scambi di informazioni e incontri a partire dal 2011 che configurano uno scenario di collusione. L’accordo ipotizzato avrebbe fatto lievitare i costi per il servizio sanitario nazionale. L’Authority, utilizzando dati della Regione Emilia-Romagna e della Società oftamologica italiana, stima che l’acquisto di Lucentis ha comportato maggiori costi per 45 milioni di euro nel 2012, fra i 300 e i 400 milioni lo scorso anno e potrebbe arrivare fino a 600 nel 2014.
L’operazione ricostruita nell’istruttoria è molto articolata. Dai documenti raccolti risulta che Roche, Genentech e Novartis hanno agito per «sabotare» i risultati degli studi comparativi indipendenti che dimostravano l’equivalenza di Avastin e Lucentis. Tra i vertici delle filiali italiane di Roche e Novartis sono stati inoltre accertati frequenti incontri e contatti per decidere congiuntamente la gestione della “questione Avastin/Lucentis” in Italia.
Manager, dirigenti e professionisti della comunicazione pagati dai due gruppi si sono mossi, secondo quanto si apprende dall’indagine dell’Antitrust, per concertare un’unica strategia su diversi punti. Non solo. Hanno fatto fronte comune per reagire alle critiche di parlamentari, degli uffici sanitari regionali e di alcuni articoli che sottolineavano i pesanti incrementi di spesa per il servizio sanitario nazionale causati dal passaggio all’uso di Lucentis.
I documenti riservati dimostrano anche l’appoggio da parte di Roche alle cause amministrative avviate da Novartis contro alcune regioni, tra cui l’Emilia Romagna, che avevano tentato di mantenere l’uso “off label” di Avastin. C’è una email scambiata tra gli amministratori delegati delle due compagnie farmaceutiche in cui un top manager di Roche arriva a parlare di «differenziazione» dei due farmaci, mettendo lui stesso la parola fra virgolette, e riconducendola proprio alla procedura avviata dal suo gruppo per depotenziare il farmaco. In altri documenti è invece Novartis a richiedere espressamente a Roche di darsi da fare per evidenziare i rischi legati all’uso per l’occhio di Avastin. E Roche va per questo a controllare le banche dati di farmacovigilanza, rilevando che sostanzialmente non si può dire che l’uso oftalmico comporti dei rischi. Non esistono casi che abbiano dato prova della pericolosità del farmaco, ma il gruppo che lo commercializza – come emerge dalle email interne acquisite dall’Antitrust – si muove lo stesso per segnalare il pericolo, di fatto inesistente.
Nei documenti sequestrati a Novartis si legge che bisogna «generare e comunicare» preoccupazioni relative alla sicurezza di Avastin, o ancora che bisogna coinvolgere gruppi di pazienti affinché facciano sentire la loro voce contro l’uso di Avastin in oftalmologia e a favore di Lucentis. Una manovra senza scrupoli, con il coinvolgimento di consulenti e pazienti pagati per tentare di screditare un farmaco. In alcuni documenti, sempre della Novartis, emerge anche la soddisfazione per aver trasformato la pubblicazione dei risultati degli studi indipendenti un «non evento», evitando così che i medici potessero convincersi a usare Avastin perché altrettanto efficace ma assai meno costoso.
A far intervenire l’Antitrust sono state le segnalazioni di un’associazione di cliniche private di day surgery (Aiudapds) e della Società oftamologica italiana (Soi). In seguito hanno poi chiesto di partecipare al procedimento anche l’associazione Altroconsumo e la Regione Emilia Romagna, bersagliata dalla causa di Novartis. Il 27 gennaio si è svolta l’audizione finale, in cui le parti hanno esposto le loro ragioni: l’Authority dovrà pronunciarsi entro la fine di febbraio.
Roche e Novartis si sono difese dalle accuse sostenendo che Avastin e Lucentis sono diversi e la scelta di sviluppare i due prodotti, così come di non richiedere la registrazione per usi oftalmici di Avastin, è stata presa in maniera unilaterale da Roche. I due gruppi sostengono di essersi limitati a rispettare la legge, in particolare per quel che riguarda gli obblighi di segnalazione dei rischi di un farmaco. Nell’audizione finale le parti intervenute hanno delineato un quadro disastroso, dal punto di vista economico, per la sanità pubblica e privata, se si dovesse continuare a utilizzare in modo esclusivo il Lucentis: «Gli ospedali dopo la martellante campagna sulla pericolosità di Avastin da metà dello scorso anno ne hanno di fatto bloccato l’utilizzo sostituendolo, quando possibile, con Lucentis». «Con lo spauracchio della pericolosità sbandierato a destra e manca, Novartis ha pesantemente insistito sulla necessità da parte dei medici oculistici che utilizzino Avastin, di dover oltre che difendersi nelle sedi di giudizio, anche essere obbligati a farsi carico dell’onere della prova in tribunale per dimostrare la non pericolosità di Avastin». Anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin dopo la segnalazione del presidente della Soi, Matteo Piovella, ha disposto «un approfondimento». Mentre la corte dei Conti di Roma è stata investita dai colleghi del Tar Veneto che hanno inviato atti e delibere dell’Aifa, l’agenzia del farmaco, in cui si affronta l’esclusione dell’Avastin dalla lista dei farmaci rimborsabili, «per verificare se il maggior esborso di denaro pubblico causato da questa decisione dell’Aifa sia legittimo».
L’Antitrust ha avviato anche un altro fronte, ipotizzando «un’intesa illecita» nelle gare per medicinali antitumorali in tre regioni tra il 2010 e il 2013. In questo caso nel mirino ci sono Novartis e Italfarmaco. E il risultato finale sarebbe stato fare sborsare decine di milioni in più alle casse pubbliche. A danno dei cittadini.
di Lirio Abbate (espresso.repubblica.it)