Due donne vincono la battaglia contro i buoni postali-beffa: il giudice assegna loro altri 20mila euro

12/03/2021 – Emessi più di 30 anni fa fruttavano talmente tanto che ne fu dimezzato il rendimento. Ma il tribunale: conta quello che c’è scritto sopra. Sono due signore di Cinzano, in provincia di Torino, le paladine di una battaglia innescata nei confronti di Poste italiane per il pieno riconoscimento dei tassi di interesse garantiti da buoni postali fruttiferi aperti più di trent’anni fa, nel 1988. Il tribunale civile di Asti nei giorni scorsi ha riconosciuto loro 20 mila euro in più rispetto ai 27 mila che Poste avrebbe voluto dare loro.

In realtà si tratta di una vittoria che suggella quanto disposto un anno fa dall’arbitro bancario e finanziario di Torino, deputato a risolvere questo tipo di controversie. Nonostante il risultato positivo dell’arbitrato Poste non aveva pagato e dunque le due donne, assistite dagli avvocati Alberto Rizzo del foro di Asti e Fabio Scaramozzino del foro di Torino, si sono rivolte al giudice civile competente per territorio.
Al tribunale di Asti è la prima pronuncia di questo tipo, ma in tutta Italia ci sono decine di migliaia di casi analoghi. Persone che avevano sottoscritto buoni postali trentennali come forma di risparmio o che li avevano ricevuti in regalo in occasione di compleanni e ricorrenze. In particolare quelli delle serie “O” e “P” garantivano interessi così alti che a certo punto il governo per far quadrare i conti ha dovuto abbassarli, pressoché dimezzandoli, con una modifica disposta il 13 luglio 1986. Ed è stato allora che per molti si è ingarbugliata una situazione i cui nodi vengono al pettine ora.

Dopo quella data, infatti, gli uffici postali avrebbero dovuto evitare di sottoscrivere i buoni di quelle due serie o, in alternativa, avrebbero dovuto apporre un timbro che specificasse il nuovo rendimento. Tuttavia molti impiegati non lo hanno fatto o non lo hanno fatto correttamente. Dunque quello che rivendicano i risparmiatori è che venga corrisposto loro l’interesse indicato sul buono. Quello che Poste vuole, al contrario, è pagare solo quanto disposto dalla riforma peggiorativa del 1986.

In realtà nel caso affrontato dal giudice astigiano Marco Bottallo, per vent’anni Poste ha riconosciuto alle due donne l’interesse corretto. Ed è su quanto pagato negli ultimi dieci anni che si è innescato il braccio di ferro finito davanti al tribunale. “È importante che chiunque abbia un buono postale e messo dopo il giugno del 1986 lo faccia esaminare per capire se ha diritto a ricevere un importo superiore rispetto a quello determinato da Poste — consiglia l’avvocato Alberto Rizzo — Anche se il buono è già stato incassato, ci sono 10 anni di tempo per far valere i propri diritti”. FONTE